Lo scheletro di quello che rimane di un cespuglio spunta dal secco terreno. Estende le sue sottili braccia al cielo, in cerca di umidità, invano. Viene irradiato dal calore del sole, finché sui suoi fragili rami non si accende una scintilla. In poco tempo l'esile arbusto è avvolto dalle fiamme, inizia a perdere materia, diventando sempre più piccolo. Il fuoco raggiunge la terra arida per poi spegnersi, poiché ha distrutto l'unica cosa che lo teneva in vita.
La stella gialla non smette mai di splendere su questa desolazione, prosciugando ogni forma di vita baciata dalla sua luce. Qualsiasi cosa viene prosciugata, dal terreno, alle piante, i viventi. Ormai siamo rimasti in pochi a vagare inutilmente queste terre, in cerca di anche solo una piccola gocciolina di rugiada. Continuiamo a pregare gli Dei di far cadere acqua dal cielo, ma non ci ascoltano. Ogni giorno che passa continuiamo a lasciare i morti rinsecchiti sul nostro cammino, e fra non molto non rimarrà più nessuno. Se gli Dei non ci ascoltano, noi andremo direttamente da loro.
I figli del terreno hanno deciso di alzare la testa al cielo per chiedersi cosa ci sia lassù. Antiche leggende parlano di entità negli astri, enormi, bianche, pallide montagne nel cielo su cui si ergevano i castelli dei nostri Dei. Ormai non ci sono più queste "nuvole", al loro posto rimane solamente questa tela, ricoperta con una mano di colore azzurro intenso. Dobbiamo riprenderci le nuvole, dobbiamo riprenderci l'acqua, dobbiamo vendicarci contro i nostri genitori supremi che ci hanno abbandonato. Dobbiamo imparare a volare.171Please respect copyright.PENANALB3LeEZWoR
Uomo. E uccello. Uno legato alla materialità del terreno e alla pesantezza delle sue membra, l'altro è un essere libero, le cui ossa vuote gli permettono di andare dovunque voglia. La fusione di questi due mondi ci porterà a un nuovo stadio evolutivo, a metà tra uomo e dio, e una volta arrivati a quel punto, il prossimo passo sarà sempre il gradino più in alto. Divinità conquistata.
Io sono il proto-uomo-superiore. Negli ultimi mesi abbiamo raccolto centinaia se non migliaia di piume provenienti da centinaia se non migliaia di volatili. Prenderemo il meglio di ognuno di loro per fonderlo con il meglio della nostra razza.
Una per una, ho inserito ogni piuma nel mio corpo. Sulle mie braccia, sulle gambe, sul torso. Mi sono strappato tutti i capelli in testa, e ho inserito altre piume nei fori che la mia pelliccia mammifera aveva lasciato. E' stato un processo lungo e doloroso, ma ho lasciato che il mio corpo accettasse la mia nuova forma. Il sangue fuoriuscito dalle punture si è coagulato, le mie ossa si sono svuotate del midollo, e il piumaggio si è fuso con il mio corpo. Ho lasciato crescere le mie unghie, e le ho modellate per formare degli artigli affilati.
Io sono rinato. Io sono il futuro. Io sono il modello su cui si baseranno per conquistare l'onniscienza. Prima modelliamo il nostro corpo, poi modelleremo l'universo.
Sono in cima a un enorme vallata, con gli occhi chiusi. Percepisco che la stella gialla stia bruciando a un'intensità mai percepita prima, ma il mio piumaggio mi protegge. Sento una leggera brezza, che diventa rapidamente sempre più forte. Mi lascio cadere nella valle. Prima inizio a planare, poi è la mia razza a fare il grande salto. Volo.
Estasi. Frenesia. Adrenalina. Narcisismo. Egoismo. Sono tante le parole che potrebbero descrivere come mi sentissi, ma nessuna sarà mai in grado di descrivere la pura grandezza sensoriale di ciò che stavo provando.
Eccomi lì, in cima al mondo, lontano da qualsiasi mortale, ero il più potente essere sulla terra. Volavo a una velocità incredibile, e sempre più in alto. Non sentivo più la calura, non sentivo più la fame, non sentivo più la sete. Non sentivo più il bisogno di sentirmi un mortale. Ogni volta che andavo sempre più in alto mi sentivo sempre più lontano dalla mia vita precedente. Dopotutto, perché dovrei preoccuparmi di tutti coloro che ho lasciato alle mie spalle? Ora sono tutti miei sudditi. Sotto le mie zampe. Io sono il nuovo monarca legittimo dei mortali, e con la forza conquisterò l'intero creato.
I giorni passano, e volo sempre più in alto, in cerca di queste nuvole e dei loro castelli volanti. Continuo a cercare, ma non trovo assolutamente niente. Anzi, mi rendo conto che intorno a me non c'è nient'altro che il vuoto. Non esiste più neanche il vento, e la brezza che sento è solo causata dal mio rapido spostamento, anzi no, ormai non sento più nemmeno quella. Sopra di me vedo il firmamento nero, e delle stelle lontane. Mi sembra impossibile pensare che ci sia ancora qualcosa più in alto. Dove sono gli dei? E i loro palazzi? C'è mai stato qualcuno qua sopra o sono il primo essere nell'universo a venire qui? Sono arrivato a destinazione, ma cosa faccio ora? Sono arrivato qui con la convinzione di conquistare la mia divinità che mi spetta di diritto, ma qui non c'è nulla per cui combattere. Ormai sono veramente diventato il Maestro di queste terre, ma rimango il despota del nulla. Un dio onnisciente e onnipresente che stringe tra i suoi artigli affilati lo zero cosmico, che nonostante il suo valore nullo è tutto ciò che gli rimane.
Per un attimo mi cade lo sguardo verso il basso. Per qualche motivo mi sento come se qualcosa mi colpisse allo stomaco. E' una sensazione strana, qualcosa che mi fa star male ma allo stesso tempo bene. Quasi come un dolce abbraccio. Non avevo mai sentito un calore così confortante in vita mia. E' come se provassi... Nostalgia? Di quell'inferno là sotto? Impossibile. Eppure...
Non ho volato fino a qui per far piovere. Non ho volato fino a qui per aiutare la mia gente. Sono venuto qui per me stesso, per riempire il vuoto che ho sempre sentito tra quei sudici mortali, ma adesso io sono la personificazione del vuoto. Vuote le mie ossa, vuoto il mio regno, vuoto il mio cuore, vuota la mia anima. Ho sbagliato tutto. Rimanendo laggiù saremmo morti tutti, ma almeno sarei morto abbracciato a qualcuno che teneva a me. Anche se volessi, non saprei come far cadere l'acqua per risanare quel dannato deserto. Ho rinunciato alla mia vera essenza per un viaggio inutile.
Io rinnego.
Mi lascio cadere nel vuoto sottostante, e inizio a dimenarmi. Continuo a rotolarmi in tutte le direzioni, senza più comprendere dove sia il sopra e dove il sotto, sempre più velocemente, sempre più vicino al suolo.
Mi strappo le piume dal corpo. Prima dalla testa, poi dal petto, dalle gambe, dalle braccia. Recido le ali che mi hanno portato così lontano. Io rinnego questo corpo artificiale maledetto, questo proto-semidio che ha solo portato alla mia abiura.
Io rinnego tutte le mie convinzioni, sulla vita e sull'ordine universale. Io sono un essere vivente, non diverso da una formica, non diverso da un verme, non diverso da un uccello, non diverso da un dio.
Il dio che sono non viene rappresentato dalla mia forma corporea ma dall'infinità della mia mente.
Io rinnego il cielo, Io rinnego la ricerca della grandezza, Io rinnego la pioggia.
Io rinnego me stesso.
Lo scheletro di quello che rimane di un cespuglio spunta dal secco terreno. Estende le sue sottili braccia al cielo, in cerca di umidità, invano. Viene irradiato dal calore del sole, finché sui suoi fragili rami non si accende una scintilla. Ma senza preavviso, dal cielo cade una piccola gocciolina d'acqua. Un'altra. Poi un'altra ancora.
Iniziò a piovere. E non smise mai più.171Please respect copyright.PENANAdCN779S0Li