Calixum riprese il suo viaggio verso una meta che sembrava irraggiungibile, ma aveva un barlume di speranza.
Camminò ancora per un po' di tempo, avvicinandosi sempre di più al negozio; l'unico problema era la stanchezza che si faceva sentire e non poco. Dopo aver percorso così tanta strada, pensò che fosse giusto prendersi una meritata pausa, soprattutto a seguito del brutto incontro di prima.
Iniziò a guardarsi intorno per trovare un posto in cui potersi mettere.
Vide un albero abbastanza grosso, probabilmente una quercia con ai suoi piedi un grosso masso. Sembrava piazzato lì apposta per dare riposo ai viandanti.
Si domandò perché ci fosse una pietra sotto un albero, era fuori luogo per lui, ma non ci pensò troppo, teoricamente la natura sa quello che fa.
Era il posto ideale per fermarsi a riprendere le energie, per di più il sole stava diventando cocente e lo avrebbe sfinito se avesse continuato per la strada, meglio restare all'ombra delle foglie della quercia.
Il masso era abbastanza grosso da permettere a Calixum di coricarsi sopra, oltretutto era anche discretamente comodo, non presentava punti troppo affilati o cose simili, era esattamente quello che cercava.
Si coricò e, con lo sguardo al cielo, vide le tante nuvole che passavano velocemente mosse da un venticello rinfrescante.
Iniziò a guardare le varie forme che le nuvole disegnavano, alcune sembravano degli alberi, un'altra invece una faccia e un'altra ancora ricordava quello che poteva essere un orologio, ma più allungato; era necessaria molta fantasia per vedere ciò, ma Calixum aveva imparato a svilupparla.
In quel momento si sentiva talmente bene con sé stesso che a poco a poco si appisolò sul masso.
Passò all'incirca un'ora da quando Calixum si addormentò facendo ulteriormente ritardare il viaggio.
A un certo punto, uno stormo di uccelli, diversi dai comuni, abbastanza grossi e con un piumaggio nero quasi bluastro, lo svegliarono con il loro grido. Cadde rovinosamente dalla pietra battendo il fianco al suolo e, dolorante, si rialzò, ma fortunatamente non si era fatto nulla di ché.
Si svegliò tutto intorpidito. La pietra poteva anche essere comoda, ma solo fino a quando ci si stava per cinque minuti, non per un'ora intera. Dormire su un sasso per così tanto tempo non fu proprio consigliato.
Calixum capì che aveva perso altro tempo e che si sarebbe dovuto muovere per arrivare subito al negozio.
Raccolse tutta la sua roba che gli era caduta e riprese il cammino, fino a quando vide una persona passare. Sembrava che stesse correndo verso di lui.
Arrivò da Calixum e gli chiese aiuto: «Ho sete, sei la prima persona che vedo, avresti qualcosa da darmi? Per favore».
L'animo gentile e buono di Calixum decise di guardare nel suo zaino che portava con sé per vedere se aveva qualcosa da poter dare a quel pover'uomo.
Mentre si girò per frugare nello zaino, lasciò cadere a terra la mappa.
Non appena si voltò, non vide più quell'uomo: stava scappando con qualcosa in mano.
Calixum si accorse che gli era stata rubata la mappa, che era tutta quanta una scusa e che era stato ingannato anche in un modo parecchio stupido.
Provò a rincorrerlo, ma era troppo veloce, inoltre andava nella direzione opposta a quella di Calixum. Per sua fortuna aveva più o meno memorizzato la strada che gli rimaneva da fare: dovevano mancare all'incirca tre chilometri di passeggiata. Si ricordò che la strada continuava pressoché dritta verso la sua direzione e così riprese per l'ennesima volta il viaggio, dopo l'ennesima sfortuna. Sembrava che Calixum non dovesse arrivare a destinazione dati i vari eventi successi, era come se qualcosa avesse deciso di bloccarlo prima.
Pensò di sdrammatizzare: «Quasi quasi potrebbero scriverci un libro. Si potrebbe intitolare: Il viaggio di Calixum verso un negozio. Anzi meglio, verso una meta irraggiungibile, il negozio di Nortia. Suona anche bene, più o meno». Si mise a ridere per ciò che aveva pensato, rallegrandosi un minimo. Nonostante avesse incontrato una strega rischiando la vita e avesse perso altro tempo facendosi poi rubare anche la mappa, era riuscito stranamente a ritrovare il sorriso, sarà stata forse l'abitudine.
Ed ecco che in lontananza riuscì a scorgere un cartello in legno, proprio come quello già visto poco prima, con una scritta bianca che diceva:
Benvenuti nella città di Thertyn, capitale della regione di Nortia
In quel momento, Calixum esclamò a gran voce «Sì! Ce l'ho fatta! Finalmente sono arrivato.»
Si mise a correre il più velocemente possibile per trovare subito il negozio indicatogli da Raghallac sia per paura che chiudesse, sia perché voleva arrivare, non ne poteva più.
Il negozio si chiamava: "Artefatti da Lyna". Aveva una grossa insegna messa in alto, con una bella decorazione color oro agli angoli che dava l'impressione di essere davanti a un negozio molto particolare e importante. Calixum abbassò lo sguardo. Il negozio aveva la saracinesca abbassata: era chiuso.
Non volle crederci, iniziò a pensare che fosse il negozio sbagliato, che lui si fosse sbagliato, che Raghallac non poteva mandarlo in un negozio chiuso. Magari era in anticipo o in ritardo, ma non gli sembrava poi così tardi.
Non vide in giro nessun altro negozio, era l'unico che ci fosse lì vicino in quel quartiere.
Per sicurezza chiese anche a dei passanti e tutti quanti gli risposero che non aveva sbagliato negozio, aveva semplicemente chiuso prima dell'effettivo orario di chiusura. Calixum non capì il perché e, di sicuro, non lo poteva sapere; forse neanche voleva saperlo. Ancora una volta si trovò di fronte a un inconveniente, questa volta più grosso.
Una volta realizzato che ci aveva impiegato troppo tempo, rimase lì a compiangersi: non era riuscito neanche a compiere quella minima commissione che Raghallac gli aveva affidato.
Iniziarono così a farsi strada i sensi di colpa, che presero a lacerarlo con pensieri del tipo: "Se non sono riuscito a fare questo come posso essere realmente d'aiuto per il regno".
Rimase così per qualche minuto, per poi capire che i suoi erano soltanto sciocchi sensi di colpa di cui, in fondo, non era completamente responsabile dati i vari eventi. Forse l'essersi addormentato, ma una pausa andava fatta.
In quel momento non c'era nulla che lui potesse fare, se non tornare a casa e raccontare tutto a Raghallac, lui sicuramente avrebbe capito tutto e lo avrebbe accettato. Il cielo iniziò a scurirsi e pensò che avrebbe rischiato di perdersi al buio e di metterci troppo tempo per tornare a casa senza la mappa. «Per lo meno non piov...».
Calixum non fece in tempo a finire la frase che scoppiò improvvisamente un temporale fortissimo, come se qualcuno lo avesse ascoltato e avesse fatto piovere.
«E questo cliché improvviso? Non è possibile, ci deve essere qualche divinità alla quale non vado a genio, non c'è altra soluzione. Non ci posso credere che sia davvero successo» disse Calixum quasi arrabbiato, ma più che altro rammaricato per i fatti accaduti.
L'unica cosa che poteva fare era mettersi alla ricerca di un rifugio sotto cui ripararsi. Iniziò a guardarsi intorno e, per sua fortuna, vide un porticato che faceva proprio al caso suo. Decide dunque di andare lì sotto a ripararsi, dato che non c'erano altri posti, ma doveva fare in fretta se non voleva inzupparsi.
Non ci pensò due volte e corse per fare più in fretta possibile. Una volta arrivato sotto il porticato, era tutto bagnato e rischiava di prendersi un accidente. L'unica cosa da fare era aspettare che il temporale passasse per poi tornare a casa. Sperava solo che Raghallac non si fosse preoccupato troppo per lui, dato che non sarebbe tornato a casa quella notte. In realtà, una parte di lui desiderava che Raghallac venisse a recuperarlo.
Il sole non aveva intenzione di farsi vedere, il cielo continuava a essere grigio scuro e le nuvole non cessavano di mandare pioggia: non sembrava avrebbero smesso da lì a poco.
Improvvisamente passò una ragazza di media altezza, bionda con i capelli lunghi e lisci e, man mano che si avvicinava, si riusciva a vedere il colore dei suoi occhi: un verde smeraldo molto brillante. Aveva un minuto naso all'insù ed era vestita in modo curato con un bianco ombrello per ripararsi dalla pioggia.
Si avvicinò sempre di più verso Calixum finché non gli arrivò davanti e gli chiese: «Ciao, chi sei, straniero? Non ti ho mai visto da queste parti. Ti sei perso per caso? Hai bisogno di aiuto?»
«C-ciao, io sono Calixum e sì, sono nuovo da queste parti. Non mi sono perso, grazie lo stesso per l'interesse, sto solo aspettando che il temporale passi per poter tornare a casa.»
«Vedo che sei bagnato fradicio. Che ne dici se vieni con me a casa mia, così ti asciughi e aspetti che il temporale passi in un posto un po' più caldo. Se stai qui ti ammalerai.»
In quel momento Calixum capì che la fortuna non lo aveva abbandonato e accettò la sua proposta, anche se a pensarci risultava piuttosto strano che una ragazza come lei volesse ospitare in casa sua una persona sconosciuta e che quasi sembrava un senzatetto, ma gli andava bene così e, in qualche modo, sentiva di essere al sicuro con lei.
Avvicinati sotto l'ombrello, si diressero verso la casa della ragazza e parlarono del perché Calixum si trovasse lì, da dove venisse e argomenti del genere, giusto per non rendere noiosa la passeggiata.
Calixum gli spiegò tutte le avventure passate per raggiungere Thertyn e la ragazza scoppiò a ridere così come Calixum, che decise di prenderla sul divertente.
«Vieni, questa è casa mia.»
Entrarono in casa e Calixum si mostrò timido.
«Oh, che stupida, non mi sono neanche presentata. Io sono Kajdar Palù, chiamami semplicemente Palù. Loro sono i miei genitori: lui è Rolann Kajdar, mio papà e lei è Dalgir Hewor, mia mamma.»
«Piacere di conoscerti, giovanotto» disse Rolann.
«A proposito, tu come ti chiami?» domandarono i genitori di Palù.
«Il mio nome è Calixum, Calixum Flamvell, vengo da Vogicia per fare delle commissioni.»
In quel momento i genitori di Palù sobbalzarono dalla sedia, senza un apparente motivo.
«Che succede?» chiese Palù incuriosita e quasi spaventata dal comportamento.
«Niente, papà si stava per rovesciare la tazza di cioccolata bollente addosso. Per questo, tanto spavento» rispose la madre per tranquillizzare Palù.
«Calixum, vieni, siediti qui che ti porto una bella tazza di cioccolata calda, così ti riscaldi un po' anche tu.»
Ovviamente non si rifiuta mai una bella tazza di cioccolata calda e così Calixum si sedette sulla poltroncina nel salotto molto accogliente.
«Parlaci un po' di te. Sei nuovo qui?» domandò Rolann.
«Sì, sono appena arrivato. In questo momento abito nella città di Vogicia, a casa di Raghallac, credo lo conosciate.»
«Raghallac hai detto? Sul serio?! Devi essere davvero un ragazzo speciale se Raghallac in persona è venuto a prenderti e soprattutto se ha deciso di ospitarti a casa sua.»
«Magari aveva solo bisogno di compagnia» disse Calixum per metterla sul ridere, cosa che funzionò discretamente bene.
Mentre Dalgir arrivava dalla cucina con una tazza fumante in mano, Palù disse: «Raghallac? Non l'ho mai visto di persona. Mi piacerebbe davvero tanto».
«Come mai sei qui a Nortia, se tu abiti a Vogicia, il tratto di strada da fare è abbastanza lungo a piedi» chiese il papà di Palù.
«Raghallac mi ha detto di venire a fare delle commissioni in un negozio qui, a Thertyn, ma l'ho trovato chiuso, forse per via delle strane cose che mi sono successe durante il viaggio.»
«Racconta dai» insistette la madre.
La fermò Palù dicendo: «Te la spiego dopo, è una lunga storia e non credo che Calixum voglia rimettersi a raccontarla».
«È possibile avvisare Raghallac che io sono qui e dirgli di non preoccuparsi? Si sta facendo tardi e oggi non potrò tornare a casa da lui.»
«Sì certo, fai pure» disse Rolann.
Calixum aveva però dimenticato un particolare molto importante: «Come faccio? Essendo nuovo non so bene come si faccia» disse un po' imbarazzato.
«Giustamente non puoi saperlo se sei nuovo» disse Palù. Poi riprese: «L'Hugmunin. Hugmunin è un animale simile a un corvo, addestrato fin da tempi antichi a portare le notizie al suo padrone.
È possibile vedere ogni giorno volare grandi numeri di questi animali, sia di giorno sia di notte. Scrivi pure il messaggio e poi dammelo, lo invierò io. Inoltre, che ne dice se ti fermi qua a dormire? Ormai penso che il temporale non passi prima di domani».
«Grazie mille, accetto volentieri. Spero solo di non essere di troppo, non vorrei dare fastidio.»
«Ma suvvia, tranquillo, fai come se fossi a casa tua» rassicurò Dalgir.
Intanto Calixum iniziò a scrivere riassumendo velocemente ciò che era accaduto.
Sto bene, in questo momento mi trovo a casa di una ragazza che mi ha invitato a dormire da lei e dai suoi genitori aspettando che il temporale finisca. Volevo scriverti per avvisarti che non sono stato rapito da alcun Sicario o cose simili. Calixum
«Ecco a te» disse il ragazzo consegnando la lettera a Palù.
Palù uscì dalla stanza e si diresse verso quella dove stava L'Hugmunin.
Improvvisamente inciampò e gli cadde la lettera che mostrò ciò che aveva scritto.
"Sicari? Chi sono?" pensò Palù.
Arrivò Calixum per darle una mano dato il rumore che aveva sentito: «Serve aiuto?»
«N-no, grazie» rispose Palù, tentando di nascondere la lettera e il fatto che l'aveva inavvertitamente letta,
ma non ci riuscì. Calixum capì cos'era successo e Palù tentò in ogni modo di chiedergli scusa, che non lo aveva fatto apposta, di perdonarla e di non arrabbiarsi con lei.
«Hey, tranquilla, non è successo niente. Inoltre, non so neanche io chi sono i Sicari, o meglio non sono pienamente informato su tale discorso. Me ne ha parlato sul treno Raghallac. Ma tieni il segreto e magari ti dirò di più in futuro, se avremo modo di incontrarci nuovamente» disse Calixum per confortarla e tranquillizzarla.
Palù, una volta ritrovata la calma, mandò la lettera a Raghallac.
Tornarono in salotto, dove iniziarono a parlare un po' del più e del meno e di com'era andata la giornata per i genitori di Palù. Calixum si trovava in una situazione strana, non capiva ancora bene il motivo per cui diverse persone lo avevano già ospitato a casa. Gli tornarono così in mente le parole di Raghallac, ossia che lui era conosciuto da tutti nel regno, ma il perché ancora gli sfuggiva. Non ci fece troppo caso e si mise a parlare tranquillamente, o meglio, ad ascoltare i discorsi.
«Palù, io vado in cucina a preparare la cena mentre papà va a sistemare una cosa in cantina. Tu resti qui con Calixum?» domandò Dalgir.
«Certo, vai pure» le rispose.
In quel momento, nessuno dei due sapeva cosa dire all'altro.
Poi iniziò a parlare Palù: «Mia madre fa l'insegnante in una scuola di magia privata, mentre mio padre lavora come ingegnere. I tuoi che lavoro fanno?»
«Beh, i miei genitori non ci sono più, sono morti in un incidente quando ero piccolo, non mi sono mai stati raccontati troppi dettagli sull'accaduto. Da allora sono rimasto solo, fino a quando non è arrivato Raghallac a prendermi e a portarmi qui; mi ha promesso che avrei vissuto una vita migliore.»
«Mi dispiace davvero tanto, Calixum, non volevo. Non pensavo di toccare una nota dolente. Oggi non ne sto facendo una giusta, spero di non averti infastidito troppo» disse Palù visibilmente dispiaciuta.
«Non fa niente, ormai ci sono abituato. Un certo Garun, quando ero ancora nel mio vecchio mondo, non faceva altro che prendermi in giro sfruttando questa cosa per farmi stare male».
«Hai detto Garun?» chiese Palù.
«Sì, Siris Garun. Per caso lo conosci?» chiese Calixum sperando nella risposta negativa.
«No, però ho sentito che è una delle nuove persone che è venuta a far parte di questo regno. Se non ho capito male, l'ha accompagnato suo padre.»
In quel momento a Calixum salì la rabbia, mista a paura, mista a timore, mista a qualsiasi cosa di negativo. Era convinto che se ne sarebbe sbarazzato per sempre, che non gli avrebbe mai più dato fastidio. Invece era tornato, il suo incubo si stava per ripresentare.
«È pronta la cena» esclamò a gran voce la madre di Palù. «Venite, altrimenti si raffredda.»
La tavola era piena di prelibatezze, roba che Calixum probabilmente non aveva mai visto né assaggiato.
Durante la cena non furono troppi i discorsi interessanti che si tennero, oltre che i soliti sul lavoro e così via, fino a quando la mamma di Palù accennò una domanda verso Calixum: «Che scuola fai?»
«Nessuna, Raghallac mi ha detto che quando sarei tornato avremmo parlato di questa e altre cose.»
«Capisco, penso che tu debba andare in una scuola, sono molto utili al fine di padroneggiare al meglio la magia.»
«Mamma, basta parlare di scuola, dai» la interruppe Palù.
«Mangiamo adesso, magari ne parliamo dopo una volta finito» concluse la madre.
Una volta finita la cena, Calixum era sazio e circa un'oretta dopo andò a letto, data la lunga e faticosissima giornata trascorsa. Per fortuna riuscì a evitare il discorso sulla scuola di Dalgir, non era la sua priorità in quel momento.
«Vieni, Calixum, ti mostro la tua camera per questa notte» disse Palù che si incamminò verso la stanza al piano di sopra.
Calixum la seguì, fino ad arrivare in fondo a un corridoio, davanti a una porta in legno scuro.
«Eccoci, accomodati pure. Inoltre, è arrivata una risposta da parte di Raghallac.»
«Grazie» le rispose Calixum, mentre entrava nella stanza.
«Se vuoi ci sono dei libri, nel caso in cui tu non riesca a dormire e ti andasse di leggere qualcosa.» disse Palù prima di lasciarlo solo nella stanza.
Calixum lesse la risposta di Raghallac che diceva che per lui andava bene, ma sarebbe dovuto partire la mattina presto per tornare.
Poi Calixum prese un libro dalla libreria che gli serviva per conciliare il sonno.
Il libro in questione parlava di creature mitologiche molto strane e curiose, per esempio animali mischiati tra coccodrilli e orsi, chiamati Bocodile.
Si mise nel letto e iniziò a leggere, ma poco dopo il primo capitolo cominciò a sentire le palpebre pensati per la stanchezza accumulata e si addormentò facendo cadere il libro per terra.
Arrivò il giorno seguente. Era presto e Calixum non volle disturbare ulteriormente. Decise quindi di lasciare una lettera. Prese carta e penna e iniziò a scrivere:
Ciao, Palù. Mi sono trovato davvero bene in questa famiglia, però dovevo andare via. Vi volevo ringraziare ancora una volta per l'ospitalità, dato che non è da tutti ospitare in casa uno sconosciuto trovato per strada, anzi a ripensarci suona proprio strano.
Spero che questo non sia un addio, magari verremo a farvi visita io e Raghallac.
P.S. Tua madre cucina proprio bene. Hai dei genitori fantastici. Calixum
Lasciò la lettera fuori dalla porta della sua camera.
Una volta uscito di casa, Calixum si ritrovò da solo, aspettando un passaggio che da lì a poco sarebbe arrivato.
Comparve un uomo vestito di nero, con indosso un cappello: sempre lui.
«Bene, Calixum, sei sveglio. Hai letto quindi la mia lettera» disse Raghallac.
«Sì, l'ho letta e ho ubbidito, anche se è davvero una gran bella famiglia e mi è dispiaciuto andarmene in quel modo» rispose Calixum mentre Raghallac guardava la casa dei Kajdar.
«Come torniamo a casa?» domandò il ragazzo, che non ne aveva la minima idea.
«Con quelli!» disse Raghallac indicando due animali mai visti prima.
Sembravano delle capre con grandi corna, però avevano una peculiarità: sul dorso cresceva quello che sembrava essere muschio dal colore verde chiaro. La pancia delle bestie era bianca e le restanti parti marroni.
Anche le corna stesse erano particolari: color oro e con dei segni strani presenti anche vicino agli occhi, una sorta di ghirigoro.
«Loro ci porteranno a casa in un batter d'occhio, sono veloci e comodi» disse Raghallac.
Calixum si fidò e salì in groppa a un animale.
La prima sensazione fu quella di una comodità incredibile, sembrava di essere seduti su un cuscino talmente si stava bene, altro che la pietra sulla quale si era addormentato il giorno prima.
«Bene, Calixum, loro sanno già la strada e tu non li devi neanche guidare. L'unica cosa da fare è tenerti forte alle corna. Nient'altro».
Così fecero e iniziarono a muoversi, mentre Calixum si voltò verso la casa malinconicamente, con il dubbio di quando lui e Palù si sarebbero rivisti.
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