«Uno, due, tre... Eccoti!»
«Hai vinto tu questa volta» esclamò ridendo.
«Dai, mamma, giochiamo ancora un po', io non sono stanca.»
«Adesso la mamma deve andare via, quando torno ti prometto che giocheremo ancora di più. Va bene, piccola mia?»
«Io però volevo giocare adesso» sbuffò la bambina.
La donna la guardò severamente e lei subito capì ciò che avrebbe voluto dirle.
«Va bene, mamma, giocheremo dopo» rispose rammaricata ma comunque consapevole che si sarebbe di nuovo divertite.
«Piccola mia, io adesso devo andare, ci vediamo presto» disse baciandola sulla fronte.
Quella fu l'ultima volta che la vide.
Non poté allontanarsi troppo da casa: qualcosa di strano era percepibile nell'aria, qualcosa che non presagiva nulla di buono. In quel periodo la vita era difficile data la presenza di un certo Jotunnar, un'entità alquanto malefica, definito "demone di Askeir" dalla gente del regno. Non avevano tutti i torti nel chiamarlo così.
Quel giorno, una volta che la donna uscì di casa, vide in una nube scurissima, attraverso la quale non era possibile scorgere nulla e dove la luce non poteva minimamente penetrare.
Il rumore si fece sempre più assordante, e poi il freddo, intenso, inspiegabile, nuovo.
La bimba andò verso la finestra per vedere cosa stesse succedendo e assistette a qualcosa che nessuno avrebbe voluto vedere: Jotunnar aveva catturato la madre nella nube. Poco dopo, la rivide, scaraventata contro una casa. L'impatto fu mortale per la donna, che lasciò da sola sua figlia. La bambina, dopo aver perso già il padre per mano del demone, in quel giorno perse la madre. La piccola Vidya era rimasta sola.
Corse a rifugiarsi in cantina, non sapeva cosa fare; dopotutto aveva dieci anni e non poteva nulla contro di lui.
Vide una staffa, la tenne in mano, vi erano le iniziali della madre «LB»: era una delle ultime cose che le rimanevano.
Venne chiamata da Jotunnar, che la invitò a uscire, o più precisamente la minacciò. Lei uscì, senza pensarci troppo: morire nella cantina o in strada non cambiava nulla.
Fuori vide tutta la gente del suo villaggio riversa in strada. Amici, conoscenti e la madre.
Jotunnar si mostrò nella sua forma umana. Lei strinse forte la staffa e, con gli occhi lacrimanti, si accovacciò per terra, aspettando che la facesse finita.
Lui attaccò, ma qualcosa difese Vidya. La bambina guardava la staffa: si era illuminata di un color indaco intenso che, senza sapere come, l'aveva protetto.
Il demone provò ancora una volta a colpire, ma nulla: quell'oggetto la proteggeva. La bimba prese coraggio vedendo ciò che stava accadendo, si alzò, puntò la staffa contro di lui e urlò a squarciagola e con gli occhi gonfi. Un grane bagliore indaco attaccò la nube, obbligando Jotunnar ad andarsene, e Vidya svenne a terra.
Quando si risvegliò, c'erano molte persone attorno a lei, alcune erano in lacrime, altre la stavano aiutando. Tra queste vi era Raghallac.
Una volta ripresa, volevano portarla via, ma lei non voleva andarsene da quel villaggio, non voleva abbandonarlo. Un ragazzo, che in giro era conosciuto come vagabondo, anche se stava benissimo, e colpito anche lui da una sorte molto simile a quella della povera bimba, decise di aiutarla: le chiese se voleva abitare con lui nella sua casa.
Ovviamente la bimba accettò, ma alcuni genitori lì presenti pensarono che quella cosa fosse stupida, che non sarebbe stata realmente ospitata, ma fu Raghallac a tranquillizzare tutti, permettendoglielo. Raghallac conosceva bene Ron, un bravo ragazzo che non avrebbe mai fatto del male a una mosca. Quel suo appellativo non lo rispecchiava affatto. Prima che se andassero via tutti quanti Raghallac prese la staffa e la riconsegnò a Vidya dicendole: «Quando sei in difficoltà prendila, stringila forte e lasciala andare».
Pochi mesi dopo
«La guerra è finita! Come giusto che sia, abbiamo sconfitto il male, eliminandolo per sempre. Jotunnar è morto! Abbiamo catturato molti dei suoi Sicari e li abbiamo rinchiusi nella prigione, dove resteranno per il resto dei loro giorni. Tra questi vi sono Karen e Gandra, due persone che alcuni di voi conoscevano molto bene. Questa guerra ci ha colpito profondamente, ci ha fatto perdere molto: parenti, amici e molti cittadini. Adesso, per quel che vale, si potrà tornare alla vita di tutti i giorni, senza paura. Il bene ha trionfato sul male. Askeir ci ha protetti, ancora» disse Raghallac davanti alla folla riunita nella piazza.
La guerra era finita, ora vi era la tanto attesa quiete dopo la tempesta. Tempesta che, però, era destinata a ripresentarsi.
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