Dal primo momento che iniziai a parlarci capii subito che entro breve l’avrei ammanettata al letto e scopata a dovere.
L'incontro avvenne in uno di quei rumorosi locali di aperitivi dove la gente si accalca cercando di apparire brillante e cool. In realtà sappiamo tutti perché si va in quei luoghi: cercare prede da portarsi a letto. Fu un amico comune a presentarci. Povero lui, tipico sfigato che ha zero possibilità e che può al massimo bearsi dello status di amico del cuore. A lui il dovere di portare a spasso le belle fighe e farle divertire. A quelli come me invece il piacere di domarle e castigarle.
Ci scambiammo poche parole, dato che in realtà ci eravamo già conosciuti tempo prima su un set. Teresa infatti faceva l’attrice, ancora senza successo, ma girava voce che con gli uccelli sapeva invece destreggiarsi molto bene. Purtroppo sul set non ebbi modo di verificare dato che quando sto in trincea mi occupo solo del lavoro e non dò retta a nessuna, ma adesso avevo finalmente piena possibilità di movimento. Lei lo sapeva bene e infatti mi sorrideva languida, contenta di avermi finalmente ritrovato in una zona franca. Inoltre penso conoscesse nei dettagli quello che si diceva sul mio conto, voci che del resto io stesso avevo alimentato e che mi rendevano il lavoro ogni volta molto più semplice. La mia fama mi precede, come si suol dire.
Esaurite le frasi di circostanza, le proposi subito di spostarci in bagno per un po’ di privacy. Non mi permise nemmeno di finire la frase che subito fece cenno di sì con la testa. Ci facemmo strada tra i fighetti hipster che accalcavano il percorso fino alla toilette e con una manata spalancai la porta del gabinetto. Feci entrare Teresa che già rideva su di giri. Un tipo impegnato a sciacquarsi le mani ci guardò sconcertato ma lo zittii subito con il gesto del dito medio e gli feci cenno di sgombrare.
Richiusi la porta del cesso e la feci subito accucciare sulla tazza. Non mi andava di perdere tempo in convenevoli.
“E’ sporco” disse lei.
“Stai giù e zitta” le risposi io.
Mi slacciai i pantaloni e tirai fuori il cazzo. Era già duro ma non al massimo delle sue possibilità. Le presi la mano e glielo feci impugnare, guidandola su e giù. Il mio Jupiter si indurì subito, divenendo bello rigido. Lei lo guardava divertita, gli occhi le brillavano da vera baldracca. Poi la afferrai per la nuca e le spinsi la testa in avanti facendoglielo ingoiare.
“Avanti succhia”.
Teresa lo prese in bocca senza farselo ripetere. Lo insalivò per bene e lo bagnò tutto quanto muovendo la lingua e la testa all’unisono, da vera bocchinara quale era. Iniziai a schiaffeggiarla, piccoli colpetti con la mano aperta sulle guance, in modo che potesse sentire bene il rigonfiamento della cappella dentro la bocca. Mi guardava arrapata facendomi capire che le piaceva. Adesso sembrava che non le fregasse più niente che la tavoletta del cesso era tutta infangata di piscio, si era anzi adagiata nella più comoda delle posizioni per dedicarsi completamente alla pompa. Continuai a spingerle la testa guidandola nello sbocchinamento. La vacca si faceva manovrare senza problemi, io ci presi gusto e accelerai il movimento, tenendole bloccata la testa e iniziando a scoparle con gran gusto la bocca.
Teresa iniziò a lacrimare, voleva liberarsi ma l’uccello adesso era al massimo della sua durezza e le stava allegramente trapanando la gola.
“Prendilo tutto, da brava” le comandai a gran voce mentre lei emetteva dei versi gutturali che assomigliavano ad una strana lingua primitiva.
Adesso non me ne fregava niente di quelli fuori il cesso che ci avrebbero potuto ascoltare e continuavo imperterrito nel mio lavoro certosino. Lei faceva cenno con le mani di volersi scostare, non ce la faceva più, il faccino le era diventato tutto rosso e dagli angoli della bocca le iniziava a colare una fitta saliva schiumosa che andava a bagnarle le tette. Non me ne importava niente, continuavo a fotterla con l’asta che si muoveva rapida mentre continuavo a tenerle la testa bloccata con entrambe le mani. Mi muovevo sempre più forte e poi finalmente a sorpresa lo tirai fuori, facendole emettere uno schiocco con la bocca. Teresa riprese respiro e si asciugò le lacrime dagli occhi. Adesso non sorrideva più, non faceva più la profumiera, l’avevo devastata come voleva e meritava.
Prima che potesse dire qualcosa le mollai subito uno schiaffone in viso, molto forte, per farle capire che era solo una zoccola e nient’altro. Poi la riafferrai per i capelli e le sbattei con vigore la cappella in faccia, colpendola sulle guance, sul naso e sulle labbra. Stavo per venire mentre glielo menavo in viso. Lei era esausta ma ancora molto eccitata e non poteva certo tirarsi indietro.
“La vuoi la sborra?” le domandai come in un atto di cortesia.
“Sì sì, dammela, la voglio, la voglio” rispose ansimando da gran maiala.
“Tira fuori la lingua”.
Lei spalancò la bocca al massimo e tirò fuori la lingua, come si fa dal dottore, vogliosa di sperma. Schizzai nella sua gola come una fontana al massimo del suo getto. Le riempii tutto il viso di crema calda e appiccicosa, le macchiai anche il vestito ma lei sembrò non preoccuparsene, tanto era appagata nel farsi scopare la bocca dentro il cesso di un ristorante mentre i suoi amici nerd mangiavano tartine nella sala accanto.
Teresa si rialzò in piedi affaticata ma contenta, si pulì il viso con la carta igienica e mi guardò sorridente. Io invece non la degnai di uno sguardo mentre mi riallacciavo i pantaloni. Aprii la porta del gabinetto ed uscii fuori. Nella toilette non c'era nessuno. Meglio così, pensai.
Mentre mi sciacquavo le mani al lavandino le rivolsi appena lo sguardo attraverso il riflesso dello specchio.
“Domani sera cena a casa mia?”.
Teresa fu sorpresa, rimase un attimo allibita. Non si aspettava che le proponessi un proseguimento. La cosa evidentemente la lusingò, facendole intendere che con lei ero più interessato che con molte altre da una pompa e via. Quindi non potè far altro che ribattere “ok” mentre mi sorrideva nuovamente eccitata.
Brava troietta, pensai. Domani sera ti ammanetterò e ti scoperò come nessuno ti ha mai saputo fare.
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Mi chiamo Jason Rafterman, madrelingua inglese trapiantato da molti anni a Roma, e faccio l’organizzatore di produzione. Cos’è un organizzatore di produzione direte voi? Semplice, è quello che ti organizza il film. Che sbriga tutte le pratiche e risolve tutte le rogne. E’ quello che permette al regista di pensare comodamente alle sue inquadrature e ai suoi carrelli mentre qualcun altro fa il lavoro sporco e si sobbarca tutti gli infiniti problemi. Ecco, quel qualcuno sono io. Trentotto anni, una professione ben avviata presso le più importanti società di produzione, stimato da tutti e con una casa di proprietà che mi sono potuto permettere dopo anni di duro sfacchinaggio. Adesso quella casa me la potevo godere perché ci portavo dentro tutte le troiette che puntualmente conoscevo sui set e non solo. E dovete sapere che le più zoccole di tutte sono proprio le attrici. Specie quelle non ancora famose, che vorrebbero emergere e che al tempo stesso avvertono l’inesorabile sensazione che il tempo sta avanzando sempre più in fretta senza che loro riescano a svoltare. Ecco, queste qui sono realmente disposte a tutto, perché mosse dalla forza della disperazione. Altre invece sono troie e basta, cioè gli piace il cazzo da matti e non hanno secondi fini. Si fanno scopare e continueranno a farlo finchè avranno la figa ancora funzionante. Con queste c’è più gusto, ma a differenza delle altre richiedono molto sforzo fisico e il massimo dell’impegno. Non sono chiavate facili insomma, dato che hanno grande dimestichezza con l’attrezzo e sanno bene come maneggiarlo. E io ci tengo sempre a dare il meglio di me perché il passaparola rimane l’arma di pubblicità più preziosa ed efficace. Motivo per il quale preferisco non chiavare tutti i giorni, prendermi insomma dei momenti di pausa rifiutando anche molte occasioni, in modo da performare ogni volta al massimo. Così facendo il mio curriculum è sempre rimasto assolutamente al top. Tutte mi cercano, tutte mi vogliono. Per parafrasare un celebre film di Truffaut, sono l’uomo che amava le zoccole.
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Teresa Monello era una ragazza che coniugava entrambe le categorie che vi ho appena descritto. Ventisei anni, una gran figa, snella e magra con tette piccoline e sode, un gran culo rotondo, ma purtroppo per lei assai cagna a recitare. Questo le ha impedito finora di riuscire a sfondare completamente, cosa che probabilmente non le riuscirà mai. E alla sua età il tempo è ormai implacabile. Non è più la stagione dei sogni, o ti realizzi nel giro di un altro paio d’anni al massimo oppure diventi troppo vecchia e sei fuori dai giri. Addio copertina su TV Sorrisi e Canzoni. Vai bene al massimo per fare da spalla alla strafiga di turno, che è più brava di te o più semplicemente meglio raccomandata. Inoltre a Teresa piaceva anche scopare per scopare, anzi le piaceva proprio da matti, ed è stata questa sua gran passione forse a fregarla: non abbastanza astuta come altre sue colleghe a usare il potere della figa come merce di scambio, si è sempre donata con gran generosità senza pretendere nulla in cambio. O perlomeno, magari ci provava pure a intavolare il classico gioco del “do ut des”, ma poi la sua natura di gran baldracca la portava subito a scoprire le carte e nessuno si è mai dato la briga di mantenere le promesse che si fanno durante il fotti fotti. Le piaceva troppo il cazzo e non sapeva bluffare. Una pessima giocatrice.
Quella sera così mi preparai con tutti i crismi per ricevere a cena la gran baldracca in questione.
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Dovevo essere al massimo della forma e spesi l’intero pomeriggio per mettere tutto a puntino. I preparativi sono un aspetto per me fondamentale. Niente deve essere trascurato, finanche il più minimo dettaglio dev’essere previsto e calcolato. C’è da dire che negli anni mi sono talmente specializzato che ormai è come mettere in scena ogni volta un copione già ampiamente collaudato, l’ennesima replica di un canovaccio conosciuto a memoria.
Alla base di tutto c’è, ovviamente, la cena. Da essa dipende l’esito successivo della serata. E’ per questo che negli anni sono diventato un raffinato ed esperto chef, non tanto perché mi piace cucinare ma semplicemente perché è uno strumento essenziale per concretizzare e arrivare con facilità alla fase del letto. E’ importante non far trovare la cena già pronta e servita al momento dell’arrivo della preda, in quanto l’eccitazione monta se la donna assiste impaziente a tutta la meticolosa fase della preparazione gastronomica. E’ un’attesa sottilmente sadica che alimenta il desiderio e fa salire il testosterone. La cagna si chiederà nella sua testolina quand’è finalmente che arriverà il momento in cui le metterai le mani addosso. La selvaggina va fatta cuocere a fuoco lento sulla graticola.
Durante tutta questa fase, che può durare tra la preparazione e la consumazione della cena anche un’ora, un’ora e mezza, si parla di svariati argomenti e si approfondisce la reciproca conoscenza, stando attenti a rimboccare di continuo i bicchieri col vino. Bisogna essere molto abili nel gioco della seduzione, facendo pregustare il momento in cui verrà servita la vera e lungamente attesa pietanza: il cazzo. E devo dire che da come Teresa me l’aveva sbocchinato la sera prima nel cesso del ristorante, adesso non vedevo l’ora di sbatterglielo forte in figa.
Il citofono suonò alle nove in punto.
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