Ma facciamo un passo indietro. Vi chiederete perchè vi sto raccontando tutto questo. La verità e che già da qualche ora sono un uomo in fuga. Mi trovo su un treno, sono salito sul primo che partiva, diretto a Monaco di Baviera, da dove poi spero di riuscire a prendere un qualche aereo che mi porti in Argentina, Costa Rica o altra località remota.
Ho ucciso un uomo e una donna. Ebbene sì, anche se parzialmente a mia discolpa è stato un atto di difesa non premeditato. Ma il risultato non cambia. Sono comunque un assassino e forse la polizia già mi starà cercando. E ora, su questo ultimo treno che scorre rumoroso nella notte, l'unica cosa che mi rimane da fare è raccontare le mie memorie. Buttare giù un diario, un canovaccio. Per cercare forse di fare un punto della mia vita, di capire chi sono, di trovare un senso. Ora che la fine, o forse un nuovo inizio, si sta per avvicinare.
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La mia è stata una vita dedicata al sesso. Conquistare ogni giorno una donna nuova e portarla a letto era il pensiero costante che mi accompagnava tutte le volte che mi guardavo allo specchio la mattina. Non sono ricco o famoso, non sono superdotato, non sono nemmeno particolarmente bello. Ma ho acquisito col tempo l'arte della seduzione. Che è un campo esclusivamente mentale. Le donne si conquistano con il cervello. Il modo in cui ci si muove, la sicurezza con cui si parla, la capacità di instaurare da subito empatia e contatto fisico, sono tecniche di programmazione neurolinguistica che ho imparato a fare mie e a indossare come un secondo abito. Non conta nulla stare le ore a curarsi davanti allo specchio o a pomparsi in palestra se poi davanti ad una donna si diventa dei pezzi di legno insicuri. Una persona comune adeguatamente addestrata può riuscire di gran lunga a conquistare molte più donne di un figone da copertina privo però degli strumenti necessari. La sicurezza in se stessi è la regola più importante. L'essere diretti e sfrontati. Il prendersi senza mezzi termini ciò che si vuole. E saperle trattare come delle troie, questo le fa letteralmente capitolare. Perchè a tutte le donne, nessuna esclusa, piace sentirsi troia. Dirò di più. Tutte le donne, alla resa dei conti, sono o vorrebbero essere delle troie. Con buona pace del pensiero femminista.
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Tutto ebbe inizio al compimento del mio quattordicesimo anno di età. Lessi su una rivista che solamente nella nostra galassia, la Via Lattea, vi sarebbero tra i duecento e i quattrocento miliardi di stelle. Di queste, quaranta miliardi sono stelle simili al nostro Sole, intorno alle quali ruoterebbero circa nove miliardi di pianeti simili alla Terra. Vi rendete conto? Nove miliardi di altri possibili pianeti come il nostro, dove quindi potrebbero esserci altre forme di vita o popolazioni, solamente nella nostra galassia. E la Via Lattea è una porzione micragnosa, quasi insignificante, dell'universo. Si calcola infatti che nell'universo conosciuto e osservabile vi siano tra i trecento e i cinquecento miliardi di galassie, ovvero ad essere pessimisti altri trecento miliardi di galassie come la Via Lattea. Ed ho specificato che questo riguarda solamente l'universo da noi osservabile. Vi è infatti un limite oltre il quale la percezione umana non può andare. Non sappiamo quanto è grande l'universo, perchè non abbiamo gli strumenti per misurarlo.
Dunque di fronte a cotanta immensità, pensai, cosa rappresentiamo noi esseri umani? Il nulla più assoluto. Tanto più che non solo il nostro pianeta è destinato a morire entro un paio di miliardi di anni, causa il surriscaldamento del sole, ma anche se riuscissimo a trasferirci su altri pianeti abitabili sarebbe comunque inutile. Prorogheremmo la nostra agonia soltanto per qualche altro miliardo di anni. L'universo stesso, così come ora è in espansione, prima o poi effettuerà il percorso inverso, contraendosi fino ad un nuovo Big Bang. Non rimarrà mai alcuna traccia del pensiero umano. Perchè sforzarsi quotidianamente per cercare di realizzare qualcosa di grande quando in una prospettiva cosmica nulla del nostro passaggio è destinato ad essere ricordato? Capii allora che l'unica cosa per cui davvero valeva la pena vivere era l'appagamento fisico e corporeo. Ovvero ciò che ci dà il piacere immediato. Il qui e ora. Nel momento in cui si gode, si è vivi. Tutto il resto non serve a niente, ed è solo poesia da strapazzo.
Da quando ebbi questa illuminazione mi diedi quindi costantemente da fare per ricercare unicamente lo sfogo del mio piacere carnale. Iniziai un lungo cammino, che in omaggio a quell'articolo di giornale chiamai il cammino della Via Lattea. Da non confondere con quello, omonimo, di Santiago di Compostela. All'opposto, il mio era un cammino rigorosamente agnostico e quasi luciferino, che negava ogni Dio e cercava di trovare un senso solamente nell'appetito dell'essere umano. La Via Lattea, con la sua perfetta forma a spirale dentro la quale ci si può perdere e con il biancore vischioso dei suoi umori, per me altro non era che una rappresentazione della Grande Figa che bisognava costantemente ricercare, esplorare, deflorare.
Questo decisi che sarebbe stato il mio cammino.
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Mi trovo quindi sprofondato in uno scompartimento completamente vuoto e guardo le luci sfrecciare veloci nella notte. Abbasso la tendina e provo a prendere sonno, ma non ci riesco. Sono ossessionato, voglio ricordare le esperienze più forti, le donne che più mi hanno segnato, ma anche quelle di una notte e via che però, per qualche oscura combinazione alchemica, sono ugualmente rimaste intrappolate nella mia memoria.
Riaccendo il portatile e come un forsennato torno di nuovo a battere sui tasti.
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