Jason frequentava poco il villaggio vicino alla casa dei signori Wohlwollen. Principalmente perché a causa delle sue orecchie appuntite era oggetto di offese e derisione: “Maledetto mostro!”, “Sporco meticcio” e “Schiavisti crudeli” erano solo alcuni dei tanti insulti che riceveva. Ma questo era ben poco. Spesso gli sputavano addosso o gli lanciavano frutta, letame o uova marce. A Jason non dava particolarmente fastidio: era abbastanza intelligente da capire la realtà culturale e storica da cui si originavano quei pregiudizi e discriminazioni. E i paesani evitavano attentamente di arrivare alle mani. Dopotutto Jack aveva insegnato J a difendersi, sia con le mani che con la spada da allenamento in legno, che portava sempre appresso. E se anche Jason non avesse potuto difendersi, suo padre o sua madre sarebbero giunti in soccorso.
Piuttosto il problema erano gli impedimenti nella vita di tutti i giorni. A causa delle sue orecchie appuntite infatti, aveva difficoltà nel fare acquisti e vendere le parti ottenute cacciando o raccogliendo. E quelle volte che riusciva a vendere, gli toccava smerciare tutte le parti ad un prezzo inferiore al reale valore di mercato perché ‘Contaminate dal puzzo elfico’. Per questo la maggior parte delle volte erano Jack e Jinny ad andare al mercato del villaggio a vendere gli oggetti raccolti. Tuttavia, in effetti, c’era una cosa che Jason proprio non riusciva a sopportare: a causa sua, alcuni tra gli abitanti del villaggio attaccavano anche i suoi genitori. “I tuoi sono degli sporchi traditori” gli dicevano. Soprattutto gli altri bambini del villaggio, ripetendo quel che sentivano a casa. Ma mentre gli adulti evitavano di arrivare alle botte, i bambini non capivano questo limite. Sicché Jason si ritrovava spesso ad azzuffarsi e difendersi dagli agguati che gli tendevano sulla via di casa. Provavano di tutto: dai bastoni al lancio di pietre, e a volte tentavano persino con arco e frecce. E, puntualmente, rimandava tutti a casa con qualche leggero livido.
Tutto ciò lo faceva soffrire tremendamente. Ancor più perché Jason aveva un animo gentile e non voleva far del male a nessuno, soprattutto a dei bambini; ma era costretto a difendersi se non voleva finire con qualche osso rotto. E la conseguenza dell’esito di ogni scontro era che i bambini erano sempre più impauriti da lui. Perciò cercava di limitare i danni al minimo per far fuggire gli aggressori. E non sempre era sufficiente spaventarli un po’ per farli fuggire. Aveva provato anche tattiche diverse: aveva provato ad essere passivo, aveva provato a parlare e a spiegare che lui non voleva far del male a nessuno. E costantemente sia con gli adulti che con i bambini era come interloquire con un muro. Ma la cosa peggiore era l’isolamento sociale. Si sentiva solo. E in quei momenti pensava spesso a sua sorella Lizbeth e al suo amico Edward. Gli mancavano. Senza smartphone era dura aggiornarsi, coordinarsi sulla situazione ma soprattutto senza contatti era dura supportarsi a vicenda e, perché no, farsi compagnia.
Comunque, con i se e con i ma non si va da nessuna parte, lo sapeva bene. Perciò ogni volta ricacciava le lacrime e sopprimeva la tristezza e la solitudine, e tornava a concentrarsi sullo studio, sulla spada o sulla magia.
Nel tempo trascorso in quel nuovo mondo aveva imparato ad affezionarsi a Jack e Jinny nello stesso modo in cui aveva voluto bene a Max e Marie Phenyx, i suoi precedenti genitori terrestri. E in quel tempo aveva appreso molte più cose di quel che lasciava intendere ai signori Wohlwollen.
Infatti in tutti quegli anni Jason non era mica rimasto con le mani in mano. Aveva indagato, teorizzato e sperimentato molte cose. Tra tutte aveva interrogato a lungo sua madre su una delle maggiori differenze con il mondo da cui proveniva: la magia. Da quel che gli aveva detto Jinny, in quel mondo ogni essere vivente alla nascita otteneva la conoscenza per alcune ‘Arti degli Dei’ o skill, stava poi all’individuo e all’ambiente sviluppare quelle abilità o imparare una nuova Jutetsu. Inoltre ogni creatura possedeva una certa energia interna chiamata ‘mana’, necessaria per utilizzare le skills.
Sempre secondo quanto raccontava Jinny, ogni creatura possiede una quantità di questo mana prestabilita alla nascita ed essa cresce molto lentamente durante la vita. Inoltre, ogni creatura emette costantemente una porzione del proprio mana. Questa parte, spiegava Jinny, veniva chiamata Aura. Era possibile vederla solo con l’attivazione di abilità adatte, ed essa si manifestava sotto la forma di fiamme lucenti che avvolgono la creatura osservata. E tanto più questa frazione era abbondante, tanto più potente era la creatura che la generava. Questa caratteristica serviva per dare una classificazione dei livelli di pericolosità di un mostro, o di abilità in qualcosa di una persona.
La Jutetsu, o come i signori Wohlwollen sentivano spesso Jason chiamarla, magia, secondo le idee dell’epoca, era divisa in tre nature principali: Obscura/Evocazione, Luce/Sacra ed Elementale.
La Magia Elementale consisteva nell’insieme di Jutetsu o Skills di generazione e di controllo degli elementi e di fenomeni naturali. Le credenze popolari ne categorizzavano le tipologie con la frequente distinzione cosmogonica di aria, acqua, terra e fuoco. A fronte di una spesa della propria energia magica, di mana appunto, era possibile ad esempio, lanciare palle di fuoco dalle mani, sollevare pilastri di terra dal nulla o scagliare dardi ghiacciati affilati.
La Magia d’Evocazione prevede, fornendo mana, l’evocazione di armi, armature, oggetti e creature alleate dalla dimensione chiamata Oblivion al mondo reale. Per l’evocazione di alcuni oggetti e creature, oltre a richiedere grande abilità nel disegnare i piani d’evocazione e usare la Jutetsu Obscura, è richiesto un tributo. Talvolta è possibile che il tributo venga pagato col sangue o la vita di qualcuno. Questo è il caso, ad esempio, dell’evocazione di demoni superiori. È a causa del rituale di evocazione che coinvolge sempre un leggero fumo nero, se a questa famiglia vengono accorpate anche le magie d’Ombra. Sono tutte quelle skills che coinvolgono l’ombra, l’oscurità o la notte in qualche forma. Perfette, quindi, per chi desidera fare attività di spionaggio.
Infine la Magia Sacra permette, investendo dell’energia magica, di evocare armi, armature, oggetti e creature alleate dalla dimensione chiamata Etere al mondo reale. Come per la magia Obscura, anche la magia Sacra promette talora un grande potere a costo di un sacrificio. Ne è un esempio in passato l’evocazione di creature come gli angeli superiori. In questa categoria vengono inserite anche le magie di Luce. Vengono chiamate così perché durante il processo di evocazione diversi lampi di luce vengono generati, inoltre vengono categorizzate come ‘lucenti’ tutte le magie di illusione e disillusione, insieme a quelle curative. Questo perché durante la guarigione per mezzo di tali Jutetsu, i pazienti hanno spesso riportato di aver visto luci e forme luminose.
In verità c’era un’ulteriore natura della magia: il Vuoto. O meglio. Venivano etichettate come magie dell’insieme vuoto tutte quelle magie che non ricadevano in nessuna delle tre famiglie principali. A queste appartenevano un’enorme quantità di Skills: abilità legate all’agricoltura, alla forgia, all’arte e così via. Tra esse figuravano anche quelle che Jason aveva ottenuto appena arrivato su Gaipan.
Secondo le informazioni ottenute da Jinny, per poter utilizzare una qualunque arte magica era necessario recitare un incantamento specifico per la magia che s’intendeva usare. I maghi più abili, probabilmente solo una manciata in tutto il mondo, erano in grado di condensare la formula da recitare in due sole parole: Skill e il nome dell’abilità che si stava per usare. Nell’udire questa notizia, J non poté fare a meno di portarsi una mano alla fronte, sebbene fosse anche divertito rispetto a questa novità: <<Stiamo scherzando?! Dove sono finito? In un anime shonen dove i personaggi combattono urlando le mosse che fanno?>>. E puntualmente sua madre lo guardava stranita, come ogni qualvolta che Jason se ne usciva con parole all’apparenza aliene (e anche di fatto a pensarci bene). E puntualmente lui, facendo spallucce, le diceva divertito di lasciar perdere.
Nonostante l’utilissima mole d’informazioni Jason sapeva che non tutte erano esatte o precise. Infatti all’elenco di nature della magia mancava il ramo delle abilità divine ma, rifletteva, potrebbe essere una categoria nascosta ai mortali, o comunque accorpabile alla categoria del Vuoto. Ma non era l’unica discrepanza: i suoi livelli di mana aumentavano notevolmente col passare del tempo, anziché lentamente come sarebbe dovuto accadere normalmente. Lo sapeva perché poteva tenere monitorati i suoi livelli di energia magica grazie alle abilità Valutazione e Saggio, che gli faceva rapporto ogni volta che aumentavano le sue riserve di capacità magica. “Bing! Signore, secondo gli ultimi rilevamenti, la sua capacità magica è aumentata del 10% rispetto a prima”. Anche se erano passati anni, J si era sempre scordato di controllare le impostazioni del suo giga-cervello, perciò ogni volta la notifica gli faceva perdere diversi decibel all’udito.
Comunque, l’incremento accadeva soprattutto quando si allenava all’uso delle abilità, o quando cacciava la ‘fauna’ locale. Quindi, rifletteva; ‘sebbene la quantità di questa energia magica, come la chiamano loro, sia prestabilita alla nascita, sembra che, in base alla quantità e alla qualità di allenamento nella Jutetsu, sia possibile incrementare notevolmente le proprie riserve’.
Grazie agli insegnamenti di Jinny, che era specializzata nelle magie elementali d’aria, Jason aveva acquisito le skills di magia elementale base di tutti gli elementi, e nel giro di pochi mesi aveva già padroneggiato a sua volta la Jutetsu dell’aria. Normalmente le magie base non erano così potenti anzi, avevano abitualmente degli usi più quotidiani o domestici: ad esempio la magia della sfera infuocata veniva usata per accendere il camino, il flusso d’acqua per bere, per cucinare o per lavare e così via… Ma il costante ed intensivo allenamento, unito all’incremento delle vaste riserve di energia magica avevano trasformato le magie base di Jason in vere e proprie armi letali.
La palla di fuoco, ad esempio, avrebbe tranquillamente demolito un piccolo blindato! Per un osservatore esterno che non fosse Jinny, quella mossa sarebbe potuta essere tranquillamente scambiata per Jutetsu del fuoco d’alto livello. Invece era solo la formula basilare! Ma per sua madre adottiva, che sapeva esattamente qual era la vera natura dell’incantesimo, non era più necessario rimanere sbigottita. Ormai ci aveva fatto l’abitudine a tutte le follie di suo figlio. Certo, non sapeva a quale Spirito votarsi la prima volta che J le fece vedere alcuni dei suoi incantesimi. Quella volta infatti, per mostrarle la sua palla di fuoco, le incendiò quasi i capelli anche se era ben oltre la distanza di sicurezza. Oppure quando le mostrò il primo uso dell’incantamento d’acqua, affermare che l’avesse lavata è il minimo; raccontare che uno tsunami l’avesse quasi annegata renderebbe più felici i cronisti. Ma dalle dimostrazioni successive si abituò velocemente alla potenza delle magie che sprigionava, ed evitò così (quasi sempre) altri spiacevoli incidenti.
D’altro canto non era solo il puro allenamento che rendeva le magie di Jason così forti. Grazie alle sue analisi e alle mille prove ripetute infatti, aveva dedotto come condensare gli incantamenti per attivare le arti divine. Così facendo, aveva già raggiunto da qualche anno la capacità di usare la Jutetsu dicendo solo ‘Skill’ e il nome della skill e quindi era a tutti gli effetti parte di quell’élite di stregoni in grado di applicare quel metodo. Anche se è bene precisare che si vergognava terribilmente ad urlare le mosse durante un combattimento, come fosse un certo personaggio con la coda da scimmia di un famoso cartone mentre lancia una luminosa onda d’energia.
Inoltre, c’era un altro motivo per cui l’output delle magie era così fuori scala. Ma Jason l’avrebbe scoperto solo più tardi. Tutto quello che si può dire, per il momento, è che J faceva inconsciamente, o sarebbe meglio dire automaticamente, certe operazioni o pensieri che gli permettevano di sfruttare con grande efficienza le Jutetsu che aveva mano a mano acquisito.
Un'altra importante novità riguardava la borsa-casa che gli aveva donato sua madre Varda. In quegli anni infatti, passava molto del suo tempo libero a programmare, ottimizzare e ampliare la ‘Tana’ come la chiamava lui. Questo era in gran parte dovuto alle poche interazioni sociali amichevoli con il resto del villaggio. Nulla di nuovo in realtà, dal momento che anche nel vecchio mondo spesso faceva la vita dello scienziato immerso nella ricerca: quindi sempre in laboratorio, o in giro per il mondo a sperimentare sul campo, ipotizzare e a calcolare.
Ad ogni modo, dopo il primo successo della creazione della porta d’uscita, Jason si mise all’opera per ampliare la Tana con una biblioteca, un laboratorio, un magazzino e un garage. Nella prima copiava quei pochi testi e libri, soprattutto legati alla magia nel combattimento o alla sopravvivenza, che i signori Wohlwollen possedevano in casa in formato digitale. Per farlo andava in giro per le stanze a fregarli, o meglio, a ‘prenderli in prestito’ dalle mensole e se li portava dentro alla borsa. Secondo le regole speciali che governavano la sua borsa magica, con la giusta programmazione, J era in grado di generare uno spazio virtualmente infinito e poteva riempirlo con qualunque oggetto fosse in grado di descrivere programmando. Inoltre era in grado di creare oggetti, impianti e sistemi automatizzati virtuali che avevano come limite il divieto di essere trasferiti al di fuori della borsa. Era concesso il transito dentro e fuori ad oggetti e esseri viventi appartenenti al mondo esterno alla borsa, ma non alle entità appartenenti alla borsa stessa. Facendo un esempio: Jason poteva portare dentro la borsa una brocca d’acqua, ma non poteva estrarre una brocca d’acqua creata dentro la borsa. In ogni caso, è programmando che Jason creò uno scanner olografico in grado di digitalizzare una copia dei testi che rubacchiava in casa. Nel tempo ottimizzò sempre più il processo fino a renderlo quasi istantaneo.
Programmò il laboratorio in modo che avesse tutti gli strumenti necessari ad ogni tipo di analisi chimico-fisica di qualunque materiale o essere vivente. Si era già prefissato in futuro di aggiungere sistemi più grandi e complessi come una galleria del vento e un acceleratore di particelle. Per capire il senso delle altre due stanze, il magazzino ed il garage, è bene spiegare cosa si era inventato quella volpe di un J.
Vedete, fino a quel momento, non appena Jason apriva la tasca centrale della borsa, veniva automaticamente trasportato all’entrata della Tana. Questo era comodo, certo, ma gli impediva di usare la borsa da viaggio come una vera e propria borsa. Risolse aggiungendo programmando ad una delle fibbie della tracolla un bottone on/off che permetteva di attivare o disattivare l’automatismo del teletrasporto. In altre parole, mettendo su off una volta aperta la tasca centrale, si trovava solo una vecchia consunta borsa da viaggio. Invece ripetendo l’operazione con on Jason veniva trasportato normalmente all’ingresso della casa mobile.
Ma questa non era l’unica miglioria che aveva fatto! Dal momento che la borsa non cambiava il proprio peso indipendentemente da quante stanze o oggetti ci fossero, Jason pensò bene di collegare tutte le tasche: sia esterne, sia quelle interne e della tasca centrale, al magazzino. Per farla breve, si poteva inserire un qualunque oggetto, di qualunque dimensione, in una delle tasche ed esso veniva rimesso nel magazzino automaticamente. Gli oggetti venivano autonomamente organizzati e schedati in modo tale che all’occorrenza si potessero estrarre con facilità tramite il solo pensiero! Ad esempio, se Jason avesse voluto estrarre una pentola che aveva ‘preso in prestito’ da suo padre, indipendentemente dal bottone on/off, gli sarebbe bastato pensare a quella pentola e alla tasca di estrazione. Da quella tasca ne sarebbe uscita la pentola desiderata precedentemente immagazzinata. Figo vero?
Con tutte quelle informazioni, avanzamenti e modifiche Jason sentiva che era quasi pronto a viaggiare per proseguire la sua missione, ma soprattutto per andare in cerca dei suoi due compagni. E quindi non essendo un mago nelle relazioni personali, si arrovellava su quando fosse il momento migliore per comunicare la partenza e il come farlo. Ma di lì a poco tutti quei pensieri sarebbero risultati superflui.
Era un giorno come tanti altri. Nell’ultimo periodo, visto l’alto livello di autodifesa e sopravvivenza, Jack permetteva a J di cacciare, raccogliere ed esplorare liberamente e in solitaria. Quel giorno Jason stava tonando da uno dei suoi giri esplorativi. Il sole aveva già iniziato a cedere il posto alle due lune di Gaipan. Questa volta ci stava mettendo più tempo del normale. Stavolta si era spinto un po’ più distante del solito per avere qualche informazione preliminare sul territorio prima di partire.
E fu mentre stava tornando, che intravide in lontananza cupe nubi vorticose nella zona esattamente sopra il villaggio e casa sua. Non erano nubi di tempesta, questo era certo. Le tempeste non formano dei cerchi perfetti. Ma la memoria di J si era attivata perché l’aspetto e la consistenza delle nubi, anche se da distante, avevano una somiglianza terrificante con il miasma che circondava il catino di una vecchia visione. A Jason si gelò il sangue. Il respiro si fece più rapido ed affannato. Non poteva rimanere lì imbambolato. Iniziò a correre. Man mano che si avvicinava al villaggio il vento portava seco l’eco di grida e l’odore di legna bruciata. I metri successivi inondarono gli occhi violacei di J con fumo e bagliori rossi. Per raggiungere il villaggio doveva oltrepassare e scendere un’ultima collina. Arrivato sulla cima si fermò di colpo. Ciò che si parava dinanzi era come se l’inferno stesso avesse deciso di invadere la terra.
La conca che conteneva il villaggio coi verdi prati tutt’intorno erano solo un ricordo. L’erba era diventata polvere ed il terreno circondante il villaggio si era seccato e spaccato, quasi a sottolineare il cambiamento ambientale portato dalla catastrofe. Lingue di fuoco arancio e rosse si sollevavano dai tetti delle case del villaggio. Rosse, come il sangue che scorreva in rivoli al centro delle stradine in terra battuta. Grida d’aiuto s’ergevano dai superstiti che cercavano di scappare dal villaggio. Tra essi, un padre con la figlia sulla schiena. Sebbene scosso, Jason cercò di andare loro incontro per soccorrerli. Non gli importava se gli abitanti lo avevano trattato male. In quel momento pensava solo a salvarli. Gridò. Fece loro cenno con le braccia. Si accorsero di lui. Cento metri e li avrebbe raggiunti. Cinquanta. Venti. Pochi passi e avrebbe toccato le loro mani. In quel momento, con un ruggito forte da far tremare il terreno, un’enorme sagoma fece un balzo avanti e con un arto dagli artigli letali, dilaniò i superstiti davanti agli occhi impotenti di Jason. Appena prima di essere smembrato, J vide le labbra del padre pronunciare “bastardo d’un elfo, il tuo maledetto sangue ci ha mandato questa sciagura”.
Sconvolto, gridò con le lacrime agli occhi di fronte a quel massacro d’innocenti. La creatura si girò verso il rumore. Il volto era allungato in avanti, con quattro occhi che lo scrutavano maligni. I due più bassi e in avanti, avevano la pupilla verticale, mentre quelli posteriori e più in alto avevano la pupilla rettangolare. A rendere l’insieme ancor più mostruoso era la sovrabbondanza di narici. Ben sei fori aveva contato Jason. E la bocca… irta di denti aguzzi e con tre labbra a mo’ di triangolo. Gli arti erano otto, quattro gambe e quattro braccia. Sul resto del corpo la pelle pareva crepata e avvolta dalle fiamme e dall’ombra. Dietro alla bestia, altri suoi simili uscivano dal rogo. Erano questi gli orrori che corrispondevano all’infausto nome di Valarauki.
Alla fine era giunta, la periodica ondata. E proprio sopra casa sua.
Il calore ed il fumo gli irritavano gli occhi. Ma non poteva distrarsi. Ed era troppo tardi per fuggire. L’unica cosa da fare era combattere. Non solo per sopravvivere, ma anche per raggiungere i suoi genitori, che stavano dall’altra parte del villaggio. Impugnò la lancia che aveva usato per la caccia con una mano. Si tenne libero l’altra per scagliare le magie. Fece un respiro profondo ed agì.
Da quando aveva iniziato ad osservare i suoi avversari aveva lavorato su una strategia per batterli. Dal momento che erano palesemente legati all’elemento del fuoco, Jason pensò che bloccando la combustione li avrebbe indeboliti a sufficienza da permettergli di ferirli con la lancia. La tattica era chiara: scagliare una doppia magia su ogni bersaglio. Una d’aria e una d’acqua. Dal momento che aveva padroneggiato a pieno la magia elementale dell’aria attuare il piano era un gioco da ragazzi. Con la ‘Skill: Depressione ’, poteva rimuovere l’aria in un volume predeterminato. Togliere l’aria significava togliere l’ossigeno necessario alla combustione. Le fiamme si sarebbero velocemente estinte. In contemporanea bastava usare la ‘Skill: Cascata’ per gettare addosso al nemico un flusso d’acqua necessario ad abbassarne la temperatura. A quel punto la lama della lancia entrava in azione e colpiva tutti i punti deboli: occhi e narici. Cieco e con le vie aeree piene di sangue dalle narici ferite, il Valarauko sarebbe caduto per lo shock termico e per soffocamento.
Jason sparì nel fumo, ci furono diversi bagliori, suoni metallici ed urla mostruose. Appena il rumore ed il fumo si affievolirono, Jason si trovò circondato dai cadaveri sanguinanti dei suoi nemici. Ripreso il fiato, non perse tempo. Corse tra le macerie del villaggio, spazzando via ogni Valarauko che si parava d’innanzi. Anche se numerosi, cadevano velocemente uno dopo l’altro sotto i suoi colpi.
A causa della sua improvvisa comparsa sul campo di battaglia, tutti i nemici si stavano dirigendo verso di lui per accerchiarlo. Ma non poteva lasciarsi mettere all’angolo. Corse con tutta le rapidità di cui era capace. Spingendo i polmoni al limite, fino a sentire il gusto ferroso del sangue in bocca. Sfuggì all’accerchiamento e andò in direzione di casa sua. Entrato nella radura si sentì mancare. La casa era già bruciata. Le macerie annerite sembravano la carcassa di qualche scheletrico essere. Appena fuori da quella che un tempo era la porta d’entrata, due Valarauki erano pronti ad attenderlo. Caddero in fretta come i loro compagni.
Prima di esalare l’ultimo respiro sentì dire ad entrambi <<Mio Signore! L’abbiamo trovato! È qui!>>. Quindi, per qualche motivo, stavano cercando lui! Non hanno attaccato questo posto casualmente. La notizia gli appesantì il cuore. Si sentiva responsabile di tutta quella miseria. Fece un altro profondo respiro.
Oltrepassò velocemente i nemici abbattuti. Doveva trovare i suoi. Sentiva i ruggiti del resto di quei mostri che si avvicinavano per finirlo. Cercò tra le macerie sfruttando al limite tutte le abilità di analisi che aveva. Doveva fare in fretta. Sotto alcune travi crollate ottenne una corrispondenza.
Aiutandosi con l’asta della lancia per fare leva, sollevò e spostò le travi. Gli si mozzò il fiato. Due scheletri carbonizzati si tenevano per le mani, con i rimasugli di vestiti ed armi tutt’intorno. A Jason cedettero le gambe e sprofondò in un nero burrone. Lacrime calde gli uscivano copiose e bagnavano le sue mani prive di forza. Urlava e si lamentava tra le rovine. Straziato. Tutti quelli che aveva conosciuto erano morti o l’avevano abbandonato. Anche se con Max e Marie, i suoi vecchi genitori, aveva sorriso nel momento dell’addio, in cuor suo una voragine inghiottiva la sua forza vitale. Per questo negli ultimi istanti si era rifugiato nelle cose che conosceva bene e che lo confortavano: lo studio e la pianificazione. Anche nell’altro mondo, la sua esistenza aveva causato grossi problemi agli altri. Si rattristò ancora di più pensando all’incidente con Luke. E qui, in questo mondo, la storia si è ripetuta. A causa sua altre due persone a cui aveva voluto bene erano morte. Che senso aveva allora affezionarsi se poi le persone lo lasciavano? Che senso aveva aprirsi e lasciarsi ferire? Non voleva sentirsi così. Non voleva quelle emozioni. E per non averle, le avrebbe dovuto sopprimere. Tutte quante. E fu in quel momento, con quell’idea, che qualcosa cambiò per sempre in Jason.
Nel frattempo i Valarauki lo avevano raggiunto e circondato. Da dietro le fila qualcuno stava aspirando una generosa dose di fumo da un sigaro. Nella penombra solo la bocca era visibile, illuminata dal bagliore della combustione. Non si capiva se la smorfia fosse perché quel qualcuno fosse compiaciuto o dispiaciuto della situazione. ‘Dovrebbe accadere a momenti’ pensò tra sé e sé ‘sarà meglio prepararsi alla prossima fase. Anche se mi dispiacerebbe perdermi lo spettacolo. Ma sì, penso che me ne andrò dopo che accade’. <<Prendetelo e portatelo al nostro signore Murchaga, così lui ci salverà>> disse un Valarauko all’apparenza più importante degli altri. Quando gli altri Valarauki s’avvicinarono ad un Jason in completa catarsi, all’improvviso lo sentirono cantare.
J si destò dalla tenebra. Una voce lo aveva distolto dal suo dolore. Questo mondo non gli lasciava nemmeno il tempo di poter piangere i propri cari. Un annuncio venne fatto nella sua mente: ‘Verificata situazione di estremo pericolo. Attivazione protocollo di autoconservazione. Sblocco dell’abilità Canto in corso. Sblocco Completato. Attivazione in corso’. Jason iniziò a cantare involontariamente. In quel momento i suoi capelli neri si tinsero di bianco, e due ali coperte da piume rosse spuntarono dalle sue scapole. Cantò con forza e foga tutto il suo dolore e una colonna di luce s’innalzò fino a toccare le stelle. Tutte le genti su Gaipan videro questo evento. Alcune spaventate, altre meravigliate, altre ancora incuriosite. Gli storici lo chiamarono il Grande Faro che causò la Grande Conca. La colonna di Luce si espanse. Era pura energia fornita direttamente dal Seme della Creazione. Espandendosi, inglobò tutti i nemici nell’area e li vaporizzò all’istante. E tutto d’un colpo finì com’era iniziata. Così Jason finì di cantare. I capelli tornarono neri e le ali scomparvero.
Riacquistò un po’ di coscienza e si ritrovò nudo al centro di un cratere. Casa sua e il villaggio non c’erano più, come tutti i nemici. Sul bordo del cratere un’ombra si mosse e scomparve. Di fianco a lui era rimasta solo la borsa-casa che gli aveva regalato Varda. C’è chi dice che in quegli istanti successivi Jason vagò senza meta come un folle, fino a finire nel vicino torrente. Altri invece affermano che nel torrente ci finì apposta per annegare il dolore. Nessuno sa con certezza cosa fece, ma tutti sanno che un vecchio pescatore lo ritrovò spiaggiato sulla riva di uno dei due fiumi di Ameria qualche settimana più tardi…
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Spazio Autore: Privet a tutt* da Dr3ner! Grazie per aver letto il 4° capitolo di Phenyx Rising. Uff ragazzi quante cose sono accadute eh?! Potremmo dire che questo sia il capitolo che da una svolta un po' più tragica a tutta la narrazione, ma fidatevi, da qui ne vedremo delle belle!
[Attenzione Spoiler!] Dal prossimo capitolo ho intenzione di mostrarvi un Jason più 'Esploratore', dopotutto non ha più una casa a cui tornare, come invece auspicavano i signori Wohlwollen. E inoltre, ha sete di vedere i suoi compagni e capirci di più sul casino in cui è finito. [Fine Spoiler]
Naturalmente avrete mille domande. Chi sarà mai quella lugubre figura a cui piacciono i sigari? Cosa vorrà mai da Jason? Perchè i Valarauki lo cercano? Chi sarà Murchaga? E cos'è succeso con Luke? Divertitevi a teorizzare nei commenti che per il momento mi fermo qui.
Ultima cosa: Grazie ancora per tutto il supporto! Per un'intera settimana da 28° siamo arrivati 8° nella categoria sci-fi! Spero continuerete a supportare questa storia e a scoprire cosa succederà al nostro geniaccio di quartiere!
Ci vedremo alla fine del capitolo 5! Buona Lettura!
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