-Tra un paio d'ore probabilmente capiranno che il sicario ha fallito, ne potrebbero mandare un'altro.- dissi, anche se non ne ero così convinto.
-Tanto vale muoverci.- rispose Anastasia cercando di rialzarsi ma ricadendo sulla sedia, ancora indebolita e dolorante.
-Non ti muovere, riprendi le forze.- dissi.
-Dammi una mano, portami sul divano.-
La sollevai di peso con entrambe le braccia facendo in modo che poggiasse le testa sulla mia spalla, quindi la portai in salotto facendo spazio con i cuscini.
-Dopo dovrai guidare tu.- mi informò.
-Mi indicherai la strada.-
-Nessun problema, sono ammaccata non stordita.- disse lei.
-Ti preparo uno zaino.-
-Sai dov'è la mia roba?- chiese lei.
-Ormai credo di sì-.
Non ci volle molto prima di aver fatto l'inventario della casa e aver preparato uno zaino con l'essenziale per il viaggio.
Nell'entrare nella camera di Anastasia provai una leggera fitta nello constatare che il letto era ancora sfatto da quando eravamo partiti.
Quando tornai in salotto vidi che Anastasia si era già messa a sedere.
-Come ti senti?-
-Un po dolorante ma sto meglio.- disse lei.
-Bene, dobbiamo muoverci, non credo che ci metteranno molto prima di mandarci qualche altra sorpresa.- dissi.
-Cosa ne facciamo del nostro amico nel ripostiglio?- chiese Anastasia.
Lo avevo trascinato io prima di rimuovere il proiettile.
-La sua pistola ce l'ho io, non aveva documenti, quindi se lo verranno a prendere loro.-
-La mia pistola è nel Pick Up.-
-Ce ne andremo con quello, nel frattempo ti consiglio di liberarti del cellulare, potrebbero facilmente intercettarci.- spiegai.
-Ce l'ho nella borsetta, prendilo e lascialo qui, così farà da diversivo.- disse lei.
-Bella idea, riesci a camminare?-
-Si, mi sono ripresa.-
Presi la sua borsetta e misi il suo cellulare sulla sedia accanto al caminetto, quindi la aiutai a rimettersi la giacca. Ormai riusciva a camminare normalmente.
-Perché non hanno mandato direttamente la polizia a prenderci?- fece Anastasia.
-Perché l'apparato dell'esercito non vuole ingerenze nelle sue questioni, preferiscono neutralizzare ogni diffusione, anche sospetta, di informazione alla radice.- spiegai.
-Una specie di codice di condotta.- osservò Anastasia.
-Si, come ben sai questo è anche non ufficialmente un fronte di guerra.-
Mentre discutevamo controllai rapido sia il mio che il suo zaino, come inventario non mancava niente di quello che ci serviva.
-È ora.-
Anastasia si guardò attorno. Era chiaro che le dispiaceva abbandonare quella che per anni era stata la sua casa.
-Sasha..-
Ero sulla porta con entrambi gli zaini in mano. Quando mi voltai, Anastasia mi venne incontro.
-Riguardo a prima, non voglio che tu ti senta in colpa per me. Qui si vive una stasi continua di paura che la guerra inizi da un momento all'altro, da quando ci si sveglia la mattina a quando si va a dormire la sera.-
-Cosa stai cercando di dirmi?-
-Ti sto dicendo che da quando sei comparso in casa mia in quella fredda mattinata, per me sei la cosa più imprevista ma bella immezzo a tutto ciò.-
Detto questo approssimò il suo volto al mio in un bacio.
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Quando partimmo per prima cosa scesi dal Pick Up poco più avanti ricordandomelo solo all'ultimo momento, una volta trovato il dispositivo di geolocalizzazione di fabbrica lo staccai e lo gettai lontano tra la neve.
Anastasia, seduta alla mia destra, inserì l'impronta digitale come prassi e finalmente ripartimmo.
-Una volta disinserito il tracciamento satellitare non potranno più rintracciarci.- dissi.
-Te ne intendi.-
-Sai che prima o poi dovremmo anche cambiare l'auto.- dissi.
-Purtroppo sì.-
Lasciammo il paese per la seconda volta.
Ormai quel paesaggio innevato mi era diventato famigliare.
In quel momento con la coda dell'occhio, dalla direzione in cui ero arrivato fuggendo attraverso i boschi e le campagne, una luce nel cielo attirò la mia attenzione.
Un flash improvviso si accese nel cielo riflettendosi sul paesaggio innevato.
Seguì un istantanea scia luminosa e poi un esplosione, proprio dal paese che ci eravamo lasciati alle spalle.
Una palla di fuoco e fumo densi salirono al cielo.
-Che diavolo...- Anastasia non credeva a ciò che aveva visto attraverso il finestrino.
-Questo era dopo il sicario.- intuii.
La casa di Anastasia era stata distrutta da un missile ipersonico lanciato da un drone alzatosi in volo da una base vicina, probabilmente attirati dall'intercettazione del cellulare di lei.
Il boato si udì a malapena nell'auto in movimento.
-Quella era casa mia !-
-Si.-
Ora nonostante la distanza si vedeva la colonna di fumo illuminata dalle fiamme alla base che bruciavano su quanto rimaneva della casa di Anastasia.
-Questo dovrebbe darci tempo di vantaggio prima che si rendano conto che siamo spariti.- osservai.
-Era pur sempre casa mia !- protestò lei.
-Scusami lo so, ma sono stato abituato a pensare in modo..- mi giustificai.
Non sapevo trovare le parole adatte, il mondo civile era sempre molto differente da quello militare.
-Ho capito cosa intendi.-
Il viaggio proseguì tranquillo con entrambi immersi nei nostri pensieri. Ciò che sarebbe stato e quello che sarebbe successo.
Ora Anastasia aveva scelto di venire con me, quindi i miei piani di andare verso l'Europa centrale erano cambiati dove al momento la priorità era quella di arrivare a Tallin, la capitale dell'Estonia, lì ci saremmo organizzati meglio.
Lanciai uno sguardo ad Anastasia. Si era addormentata sul sedile, decisi di non disturbarla.
Mi ero elaborato una mappa mentale della direzione in cui stavo andando e ricordavo piuttosto bene, soprattutto grazie all'esperienza militare la mappa dell'Estonia.
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Guidai per il resto della notte orientandomi con i cartelli stradali e facendo il punto della situazione con la mappa mentale che avevo in testa.
Stavo indubbiamente attraversando una regione disabitata dell'Estonia, foresta e praterie.
Cominciai gradualmente a tranquillizzarmi.
Il paesaggio fuori appariva completamente innevato con alti cumuli di neve ai lati della strada, l'inverno in questo Paese era ben lungi dall'essere finito.
Guardai un istante Anastasia, appena visibile nel buio grazie ai fari delle auto.
Dovevo ammettere che quando dormiva era davvero carina.
Ultimamente ne aveva passate diverse, mi dispiaceva davvero averla coinvolta ma ormai non potevo più tornare indietro.
Nelle successive due ore la guida fu piuttosto costante, lo scopo non era quello di evitare direttamente le grandi aree urbane che stavamo attraversando, ma piuttosto di muoverci direttamente attraverso la periferia, in aree poco sorvegliate dai controlli di routine della polizia, oppure dalle telecamere che mediante la lettura automatica della targa avrebbero potuto, con una certa approssimazione, far intercettare la nostra posizione alle autorità locali e anche a qualcun altro.
Nelle ore che passai alla guida attraversammo le città di Jöhn e Rakvere, percorrendo almeno sessanta chilometri da quando eravamo partiti.
Il viaggio sarebbe durato molto meno se non fosse dipeso dal fatto che avevo percorso una sequenza di strade secondarie, evitando le strade principali.
Decisi di fare una sosta, quindi mi fermai in un parcheggio improvvisato in una strada che si perdeva tra i prati innevati, poco trafficata.
-Dove siamo?- biascicò Anastasia svegliandosi.
-Poco oltre Rakvere, come ti senti?-
-Piuttosto bene, nonostante quello che è successo.-
-Fammi vedere la ferita.-
Mi sporsi per controllare le bende e il foro del proiettile. Non c'era rischio di infezione.
-Stai guarendo.-
-Come hai fatto ad arrivare a Rakvere senza che ti dessi indicazioni?-
-Ho una memoria fotografica quando si tratta di ricordare le mappe di Paesi piccoli, soprattutto quelle stradali.- spiegai.
-Ti hanno addestrato piuttosto bene.-
-In situazioni di emergenza è sempre giusto avere a mente gli schemi delle piantine degli edifici, in un Paese straniero invece le strade principali per non muoversi alla cieca.-
-Cosa facciamo adesso?- chiese lei.
-Una breve pausa.-
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Nell'arco di quarantotto ore riuscimmo ad arrivare a Tallin, parcheggiare il Pick Up in un parcheggio lontano dai porti, ripulire l'auto dalle impronte digitali e qualsiasi traccia avessimo lasciato e poi con un po di fortuna imbarcarci su una della auto mercantili, senza che qualcuno ci facesse troppe domande, che ci avrebbe portati fino a Copenaghen nell'arco di pochi giorni, e con lo stesso sistema saremmo arrivati mediante la successiva rotta marittima fino al porto marittimo di Tilbury.
Sarebbe stato un viaggio lungo diversi giorni, ma almeno il primo passo era stato fatto.
I freddi venti dell'inverno continuavano a soffiare anche sul Mar Baltico dove le onde del mare mosso trasportavano spessi banchi di ghiaccio e lastre che sbattevano contro la spessa chiglia d'acciaio del mercantile, appositamente rinforzato.
Appoggiati lungo il bordo sia io che Anastasia indossavamo sciarpa e berretto di lana contro la fredda aria salmastra che soffiava dal mare.
La sua ferita stava guarendo bene, ma quando si girava nel sonno il dolore era insopportabile.
Fissando persi il mare mosso ricoperto da spesse lastre di ghiaccio stavamo valutando la situazione.
-Dovremmo farci dei documenti falsi quando arriveremo a Tilbury, e soprattutto cambiare gli euro in sterline.- osservò Anastasia.
-So che ci sono delle aree dove li cambiano, anche delle apposite macchinette alla stazione ferroviaria, da quanto ricordo.- dissi.
-Quanto accettano al massimo?- chiese lei.
-Non me lo ricordo.-
-Intanto meglio che facciamo un passo alla volta, tra un paio di giorni saremmo a Copenaghen.-
-Vero, spero che non faccia così freddo.-
-Non sarò esperto di clima a queste latitudini, ma non è un po troppo avanzato questo inverno?- chiesi.
-Normalmente in questo periodo non è così rigido, ma finisce a maggio in questi Paesi.- spiegò lei.
-Anche in Inghilterra è diventato più freddo negli ultimi anni, se non ricordo male.-
-Se non mi sbaglio, in Scozia hanno iniziato a formarsi alcuni ghiacciai sulle cime più settentrionali.- osservò Anastasia.
-È da ormai diversi anni che il Tamigi gela durante l'inverno, ci tengono anche delle fiere chiamate Fair Frost.-
Anastasia parve sorpresa.
-Se restiamo in Inghilterra mi ci porterai.-
-Devo ancora abituarmi all'idea che stiamo insieme, comunque si, ti porterò.-
La vidi sorridere.
-Lo stesso è per me, però stai migliorando.-
-In che cosa?-
-A vedere dalla prospettive di un "noi".-
I suoi occhi scuri parvero sorridere nonostante il viso fosse per metà celato dalla sciarpa.
Mi avvicinai a lei abbassandomi la mia, quindi feci lo stesso con la sua e ci baciammo.
Ci baciammo a lungo, quasi fossimo due amanti verso l'avventura.
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I mesi trascorsero quasi con la medesima velocità dei giorni in cui attraversammo l'Atlantico, dopo aver cambiato su un'altro mercantile a Copenhagen che imboccò la rotta commerciale per Tilbury.
Ricordo ancora come l'Oceano Atlantico sembrasse un mare polare che un oceano temperato.
Come io e Anastasia apprendemmo chiacchierando con un tizio che lavorava sul mercantile da ormai diversi anni, freddi venti da nord avevano iniziato a soffiare per tutto l'anno sull'oceano, tanto che spessi banchi di ghiaccio avevano iniziato a essere visti fino a latitudini di Londra e New York fino ad aprile, minacciando le rotte e costringendo i mercantili a rafforzare la chiglia delle navi.
Arrivammo a Tilbury in una fredda notte in cui soffiava un po di nevischio.
Quando mettemmo piede per la prima volta ci guardammo attorno, poi ci guardammo.
Eravamo arrivati in Inghilterra.
Anastasia mi prese il viso tra le mani e accostando il viso al mio schiuse le labbra tra la mia bocca.
Mi persi nel sapore liquido di quel bacio.
Eravamo arrivati a destinazione.
Tempo di pensare al futuro.
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