Quando l'eruzione ebbe inizio illuminando la notte polare tra le nevi eterne della calotta glaciale di Vatnajokull colse di sorpresa l'intera popolazione islandese, e soprattutto della città di Jökulsárlón, fondata negli anni '30, vicino all'immenso fronte glaciale dalla quale prendeva il nome lungo i margini dove fino a pochi decenni prima esisteva un lago di origine glaciale, a sud est di Vatnajokull.
Si sapeva da sempre che sotto quell'immane massa di ghiaccio esisteva un antica caldera, di cui erano visibili in superficie solo da una serie di frastagliate creste vulcaniche scavate dal ghiaccio, tuttavia la possibilità che un giorno essa si sarebbe risvegliata non era mai stata presa in considerazione, vista l'assenza totale di eruzioni storiche registrate.
L'evento coincise non solo con il periodo di Natale, ma anche con l'arrivo sull'Islanda di un eccezionale ciclone invernale di proporzioni storiche.
Una sequenza di eventi del tutto degna dell'antica tradizione nordica di Ragnarock.
Quella sera, mentre mi avviavo al palaghiaccio in periferia di Jökulsárlón, i forti venti gelati soffiavano la neve in orizzontale tagliando la pelle nella parti scoperte del viso dietro la sciarpa.
Sul terreno il manto di neve fine come sabbia stava iniziando ad accumularsi in fretta, e la vera e propria tempesta doveva ancora inglobare l'Islanda.
In lontananza invece, in direzione di Vatnajokull, riuscivo a intravedere in almeno tre punti distinti i bagliori rossastri dell'eruzione, iniziata da non molto, che illuminava parte della notte polare.
Nel corso degli ultimi giorni i terremoti erano diventati sempre più frequenti, e anche la loro intensità era andata aumentando sempre di più fino a culminare nel corso della fredda mattinata con l'inizio dell'eruzione.
Noi islandesi eravamo abituati da generazioni a questo genere di eventi.
In questa fredda terra glaciale di origine vulcanica, i terremoti sono comuni quanto l'energia geotermica, tuttavia l'epicentro di questo forte sciame sismico era a pochi chilometri all'interno di Vatnajokull e del fronte glaciale Jökulsárlón, e nel momento in cui la tempesta iniziava a depositare i primi trenta centimetri di manto nevoso lo spettacolo ebbe inizio da una serie di fratture attraverso il ghiaccio che iniziarono a eruttare intense fontane di lava.
Anche in quel momento, in attesa nel parcheggio semi-deserto del palaghiaccio, era assai suggestivo osservare l'eruzione che si consumava in lontananza mentre la neve soffiava sul paesaggio circostante imbiancando ogni cosa in un atmosfera quasi aliena.
Nonostante avessi solo diciannove anni e non avessi visto molti particolari eventi nel corso della mia vita ero quasi sicuro che quanto a cui stavo assistendo era eccezionale.
Poco dopo la madre di Helena venne a prendermi alle 20.40, quasi puntale, anche se il motivo era ovvio vista la tempesta di neve in corso.
Nonostante le temperature a meno quindici grado sotto zero, nel corso del pomeriggio della Vigilia, io ed Helena avevamo fatto un giro lungo le vie di Jökulsárlón attraverso i negozi e le casette di legno, appositamente allestite per le Festività, per fare alcuni acquisti di Natale, successivamente su proposta di lei ci eravamo accordati di passare la serata a casa sua per guardarci un film insieme a qualche suo amico.
Io mi ero proposto di portarne uno mio che non avevo ancora visto che mi ero fatto scaricare da un mio amico.
Non sapendo dove abitava, io e lei ci eravamo messi d'accordo che sarebbe venuta in macchina con sua madre a prendermi alle 20.30 al parcheggio dell'ex palaghiaccio.
Quel pomeriggio tanto era gelido che nonostante indossassi un piumino rosso imbottito e un berretto, avevo le dita senza guanti intirizzite dal gelo e tremavo come una foglia; Helena invece sembrava indifferente al freddo, più intelligente, indossava una giacca invernale color marrone scuro imbottita, guanti e una sciarpa bianca invernale.
Più o meno come era vestita ora, come notai quando salii in macchina di sua madre.
Lei era la penultima di tre sorelle, una più grande di nome Hannah, e una minore di nome Iya.
Helena aveva diciassette anni, alta circa poco più sul metro e sessanta e come le sue sorelle lunghi capelli castani.
Tuttavia le somiglianze si fermavano qui, innanzitutto il colore degli occhi della sorella maggiore erano azzurri come il ghiaccio, quelli della minore verdi, gli occhi di Helena invece erano scuri come i suoi capelli.
Come lei stessa mi raccontò le prime volte che ci conoscemmo anche il temperamento era molto diverso.
Rispettivamente alla maggiore che amava la danza e la minore l'equitazione, Helena aveva un carattere diverso che l'aveva avvicinata al Judo.
Era stato proprio questo sport ad avvicinarci, nonostante io lo praticassi solamente a scopo di autodifesa e non con l'interesse di partecipare a gare competitive a differenza di lei.
-Ciao Sasha, è da tanto che aspetti?- disse Helena, voltandosi dal sedile anteriore, accanto a sua madre.
-Ciao, a dire il vero non molto, con questo tempo posso solo immaginare come sono messe le strade.-
-Abbiamo dovuto andare a piano perché c'è tanta neve sulle strade, e quindi non potevamo rischiare.-
-Ci mancherebbe altro- dissi -come se non bastasse a tratti cade nera.-
-Colpa dell'eruzione.- si lamentò Helena.
-Spettacolare, anche se con un tempismo a dir poco azzardato- borbottai.
-Sembra che si sia aperta una nuova frattura tra il bordo del ghiacciaio e la terraferma- disse sua madre cercando di vedere la strada attraverso il parabrezza, con i tergicristallo automatici azionati al massimo.
La tempesta di neve sembrava peggiorare.
-Ecco cos'era il terremoto che ho sentito prima.- dissi.
-Sembra che sia anche in corso un alluvione glaciale.- commentò Helena.
-Non corriamo alcun rischio dal momento che la vallata fluviale del ghiacciaio è proprio sotto dove sta avvenendo l'eruzione.
L'unica cosa che la Protezione Civile Islandese ha raccomandato è l'uso delle maschere per proteggersi dalle polveri.- spiegò la madre di Helena, -in ogni caso, anche se la zona è ricoperta dai ghiacciai, i lahar seguendo il percorso del fiume si riverseranno direttamente in mare.-
-Ma stai recitando a memoria il telegiornale?- rise Helena.
-Certo, io almeno ascolto quello che dicono.-
La discussione si protrasse ancora per un po.
Proseguimmo in macchina ancora per dieci minuti all'interno delle vie secondarie di Jökulsárlón, prima di arrivare alla casa di Helena.
L'intera via urbana era ricoperta da almeno altri dieci centimetri di neve fresca che continuava a soffiare nel vento freddo.
Proprio una tempesta con i fiocchi.
Io ed Helena ci frequentavano da circa un paio di mesi, in una combinazione tra Judo e periodici appuntamenti pomeridiani man mano che ottobre prendeva il posto di novembre e poi dicembre e le giornate diventavano sempre più brevi verso la lunga notte artica.
Qui in Islanda le notti durano molto più a lungo rispetto alle medie latitudini.
Anche l'inverno inizia molto prima.
Tuttavia quest'anno l'arrivo anticipato dell'inverno e del gelo ci portò il più delle volte a intrattenerci all'interno di bar tranquilli, sorseggiando cioccolata calda e capuccini.
Tutto avveniva il più delle volte in compagnia degli amici di lei, tra cui un suo ex, di cui involontariamente e senza motivo apparente provavo una stizza di gelosia che nascondevo con molta cura, nonostante Helena sembrasse accorgersene.
Tra me e lei non era mai successo niente e questo mi andava bene, nonostante ironicamente ciò sembri contraddire quanto appena detto.
Quel pomeriggio tuttavia essendo dedicato per le compere di Natale, ne avevo approfittato per regalarle un libro, appositamente impacchettato come richiede la tradizione.
Nulla di eccezionale, tuttavia lei preferì giustamente aprirlo per il giorno di Natale.
Nulla in contrario.
Quella sera, a guardare il film in camera sua insieme a lei vennero un'altro paio di suoi amici compagni di Judo.
Ástmar, un tipo di diciannove anni con i capelli rossi e ricci alto un metro e novanta, piuttosto loquace, e Ögri, di altezza media, capelli scuri e tra quelli che mi stavano più simpatici.
Mancava un terza che in ultima aveva scritto che non riusciva a venire in quanto bloccata dalla tempesta di neve.
Fortunatamente Helena non condivideva la camera da letto con le sue sorelle, forse da piccola, ma ora ognuna aveva una camera da letto per se.
Dopo aver trafficato per un po' con il computer alla fine inserimmo la scheda con il film dal titolo "Rose Red".
-L'unica cosa che mi ha lasciato perplesso è che quando ho visto la durata del film il display mi segnava 240 minuti, invece dei 120 minuti che mi aspettavo.- dissi.
Ci guardammo per un istante sorpresi.
-Che razza di film è?- disse Ögri confuso.
-Io non ho mai visto un film che dura quattro ore!- commentò ironicamente Ástmar.
Tuttavia la trama era interessante rispetto agli altri proposti, quindi decidemmo di guardarlo comunque.
Chi doveva andare a casa prima, visto l'orario, le 21.00, e la tempesta di neve, lo avrebbe fatto.
Così spegnemmo le luci e ci sedemmo, io, Ástmar ed Helena sul letto di lei, Ögri invece su una poltrona con un paio di cuscini, e iniziammo a guardarci "Rose Red".
Si trattava di un film horror ambientato su una casa abbandonata, infestata, in cui un gruppo di "sensitivi" per fini di ricerca scientifica aveva lo scopo di risvegliarne il potere sopito.
Un po' come sembrava stesse succedendo all'Islanda con il risveglio di questo vulcano.
Nel corso del film, spesso tra una battuta e una risata, la tendenza che veniva più di frequente era quella di guardare fuori dalla finestra i fiocchi di neve che cadevano in orizzontale soffiati dal vento, accumulandosi sui pochi pini e siepi presenti li intorno e rendendo il paesaggio sempre più irriconoscibile.
Ormai il manto nevoso aveva raggiunto lo spessore di circa mezzo metro e come se non bastasse, di tanto in tanto si sentiva il pavimento della camera vibrare, come effetto dell'eruzione in corso, in lontananza.
Era comune che i terremoti si susseguissero in modo ravvicinato durante un eruzione vulcanica, e spesso continuavano anche dopo mesi che l'eruzione era cessata.
Non per niente non solo gli islandesi ci convivevano con questa natura, ma tutti gli edifici erano costruiti a prova di terremoto e l'acqua con cui si riscaldavano derivava direttamente dall'energia geotermica.
Ogni pochi anni un evento vulcanico scuoteva il territorio islandese, a volte durava poche settimane, altre volte fino a sei mesi, e un po meno spesso anche alcuni anni.
Nel 2053 il vulcano Hekla, trasformò i tramonti di mezza Europa in un bagliore infuocato, come effetto delle ceneri disperse nell'atmosfera; nel 2041 un eruzione nella penisola di Reykjanes di pochi giorni annerì la capitale sotto una sottile coltre di polvere nera; nel 2035 alcuni villaggi isolati all'estremo nord dell'Islanda vissero mesi con terremoti di magnitudo 3.0 e 4.0 mentre i cosiddetti Fuochi di Krafla formavano una nuova catena di crateri vulcanici.
Questa era l'Islanda.
Una grande isola vulcanica coperta dai ghiacciai e composta da strati su strati di ceneri e antichi fiumi di lava che talvolta celavano antiche rovine, e ancor più spesso antichi crateri vulcanici quiescenti da millenni o estinti da milioni di anni.
Cancellati dalla storia o più semplicemente celati sotto decine o centinaia di metri di coltre glaciale dura come il granito.
Almeno fino a quando nuove immani masse roccia fusa a oltre milleseicento gradi non ricominciavano a farsi strada verso la superficie.
Man mano che l'orologio digitale sul vetro della finestra della camera segnava il trascorrere dei minuti, la tempesta di neve sembrava continuare a peggiorare.
Quando arrivarono le 22.30 Ögri, preoccupato di rimanere bloccato nella tempesta decise di andare a casa prima.Il suo pretesto fu quello che doveva svegliarsi presto, visto che il giorno successivo era Natale, tuttavia come capii solo in seguito il vero motivo era la tempesta di neve, la quale nonostante il lavoro costante ed efficiente degli spazzaneve automatici che si udivano transitare ogni mezz'ora lungo la strada tanto era intensa da ricoprire nuovamente le strade in pochi minuti sotto nuovi centimetri di manto fresco.
Nel frattempo che Helena lo stava accompagnando alla porta, sospendendo il film, chiacchierai con Ástmar.
Secondo lui non era un film singolo ma piuttosto due parti, della durata di due ore ciascuna unite in un singolo.
Questo spiegava il motivo per la quale ci eravamo ritrovati con un film che durava 240 minuti, invece che la metà come invece mi aspettavo.
Mi resi conto che l'amico alla quale avevo chiesto di scaricarmi il film, dal momento che il mio computer si era beccato un virus informatico, lo aveva in realtà trovato in due parti che successivamente aveva unito per comodità.
Bel lavoro, dovevo dire.
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