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Come se le nostre speranze fossero state ascoltate, le settimane successive la situazione andò lentamente calmandosi, l'attività eruttiva del campo di lava rallentò fino a cessare, anche l'attività di Esjufjoll si fermò.
Le scosse di terremoto di tanto in tanto si ripetevano, ma la loro frequenza era diminuita parecchio rispetto a durante l'eruzione.
Le strade che erano state danneggiate dai lahar e dai flussi di lava furono restaurate con l'aiuto di ruspe e camion che portavano via il materiale lavico solidificato ancora fumante in altre aree.
La lava si era già solidificata, tuttavia era noto che i flussi lavici impiegavano diversi anni per raffreddarsi completamente.
Jökulsárlón non era più isolata.
Gradualmente le nevicate e i venti del nord avevano ripulito l'aria dallo smog delle eruzioni e finalmente la vita sembrava tornare alla normalità.
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Venne febbraio e fatta eccezione per il brutto ricordo del vulcano la vita aveva ripreso il suo ritmo.
Sfortunatamente non avevamo ancora accesso all'acqua potabile, e ora con l'arrivo dell'estate avremmo dovuto dipendere dall'importazione di altre nazioni vicine.
La vita era cambiata come le nostre abitudini, ma questo era il prezzo da pagare per la riacquistata tranquillità.
Le scuole riaprirono e quando io ed Helena ricominciammo a frequentare le lezioni fu strano per noi, dopo tutto quello che era successo, rivedere i vecchi amici tra cui Ástmar, Ögri ecc.
La notizia che io e lei stavamo insieme si diffuse a macchia d'olio, soprattutto per chi ci vedeva frequentarci in giro.
Tanto prima o poi si sarebbe venuto a sapere, ma rispetto a tutto quello che era successo i petegolezzi erano parte dell'esistenza quotidiana di tutti.
Ciò che tuttavia contribuiva a mantenere l'umore generale monotono della popolazione era, come ogni anno dopotutto, il lungo inverno islandese.
Nonostante il Crepuscolo Polare fosse terminato e il pallido sole avesse ricominciato a sorgere il clima restava generale assai rigido, e almeno una volta o due a settimana la neve continuava ad accumulari, dando lavoro agli spartineve.
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Un pomeriggio, dopo la scuola, io ed Helena ci incontrammo al palaghiaccio della città dove trascorremmo buona parte della giornata divertendoci per conto nostro.
Ci eravamo quasi dimenticati cosa significasse tutto ciò.
Dal momento che non ero abituato a usare i pattini sul ghiaccio, alla fine della giornata avevo le natiche doloranti per il gran numero di cadute, al contrario Helena se la cavava piuttosto egregiamente.
-Ci vengo spesso con gli amici dopo la scuola.- mi spiegò più tardi, mentre ci dirigevamo verso casa sua.
Il sole era tramontato e il cielo aveva assunto una tonalità rossa-blu, anche le temperature stavano scendendo.
Dopo la giornata passata al palaghiaccio sentivo le guance che sfogavano.
Quella sera sarei andato a casa di Helena, ci eravamo programmati la giornata di oggi e di domani.
I genitori e le sorelle di lei, eccetto Iya, erano andati a visitare parenti a Reykjavik e non sarebbero tornati prima di un paio di giorni dopo.
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Quando arrivammo a casa di lei, come al solito ci togliemmo le scarpe e mettemmo le ciabatte, Iya era sul divano che stava guardando probabilmente una serie TV.
-Ciao Hel. Ciao Sash..- si limitò a dire.
-Ciao Iya.- la salutai.
Erano le 17.30, quasi ora di cena, fuori era calato il buio, era bello sentire di nuovo il calore domestico.
Aiutai Helena a preparare la cena per tutti e tre. Non fui di molto aiuto.
Purtroppo non sapendo dove erano le cose e quello che serviva ero più di impiccio che altro, tuttavia alla fine fui soddisfatto del risultato, soprattutto perché mi sentivo utile nei confronti di lei.
Quella sera per cena in tre a tavola mangiammo Plokkfiskur, un sostanzioso piatto di pesce a base di merluzzo bollito, purè di patate e cipolle.
Ogni tanto una leggera vibrazione scuoteva ancora la cucina, ma secondo i notiziari locali questo era normale, in quanto la terra si stava ancora stabilizzando dopo l'eruzione.
L'inizio della cena fu un po imbarazzante, in quanto non solo era la prima volta che cenavo con loro, ma soprattutto per il fatto che non sapevamo cosa dire.
-Dove andrete domani?- ruppe il ghiaccio Iya curiosa.
Evidentemente Helena le ne aveva parlato.
-Faremmo un giro in motoslitta prima che cominci il disgelo.- spiegai.
-Fino a Grimsvotn? Ma non è un po...pericoloso?- fece lei.
Allora sapeva già dove andavamo..
-Sicuramente meno pericoloso di Esjufjoll.- rispose Helena.
- Staremo via una sola giornata.- dissi.
-Questo non toglie che questa storia mi puzza di guai.- aggiunse Iya.
-Ci vanno centinaia di persone ogni anno, non vedo perché dobbiamo essere proprio noi ad avere qualche sfortuna..- ironizzai.
-Beh, sorella mia, devo dire che da quando hai conosciuto lui ti sei data all'avventura..- disse Iya rivolta alla sorella.
-Forse.. -, Helena arrossì, -..ma perché no? Dopotutto si vive una volta sola.-
-Tu ce l'hai il ragazzo, Iya.- le chiesi.
-No, diciamo che c'è un tipo che mo piace ma ancora nulla di serio.- disse lei.
-Magari anche lui un giorno ti porterà a fare qualche avventura tra i ghiacciai.- disse Helena.
-Sono più una ragazza di città che una pioniera.- rispose Iya.
-Con il tempo si può sempre cambiare.- dissi.
-Forse, ma deve essere una persona molto speciale per riuscirci con una come me.-
-Più facile che debba essere una persona molto speciale per sopportarti.- ironizza Helena.
-Che carina che sei, mi sorprende che Sasha non sia ancora impazzito.- disse Iya.
-Un po lo sono, ma ci sta.- risi guardando Helena.
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Quando la cena finì, aiutai le due sorelle a sparecchiare la tavola, quindi ci fermammo tutti e tre sul divano a guardare un film horror che trovai piuttosto inquietante, al contrario di loro.
Prima di andare a dormire con Helena, salutai Iya e le augurai la buonanotte, lei ci fece gli auguri di buon viaggio, e nel farlo notai che mi stava guardando in modo strano.
Uno sguardo diretto negli occhi di solo un istante, forse un avvertimento.
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Il mattino seguente con abbigliamento e casco protettivi stavamo sfrecciando nel bianco e accecante riverbero delle nevi del Vatnajokull, in motoslitta.
Eravamo imbottiti con tanto di guanti termici e vestiario isolante, le temperature in questo deserto polare toccavano fino a meno venti celsius, se a questo si sommava l'alta velocità o l'effetto del vento la temperatura percepita sarebbe stata ancora più bassa.
Fortunatamente le previsioni per domenica davano bel tempo.
Era assai difficile muoversi in questo deserto innevato senza il GPS incorporato nella motoslitta che ti indicava la direzione in cui andare, fortunatamente avevo un po di pratica con questo mezzo.
L'avevo acquistato l'estate scorsa con i soldi messi da parte quando lavoravo stagionalmente a Reykjavik, poteva fare al massimo quaranta chilometri, quindi saremmo riusciti tranquillamente a visitare l'area di Grimsvotn e a tornare al massimo con le prime luci notturne della sera.
I cielo sopra di noi erano di un blu intenso e le basse temperature rendevano le nevi del Vatnajokull poco meno che polvere di cristalli di ghiaccio che si sollevavano in nuvole al passaggio della motoslitta.
Diversi metri sotto di noi sapevo che c'era un puro strato di ghiaccio dallo spessore di svariati centinaia di metri che celava un paesaggio ignoto.
Percorrendo chilometri e chilometri di neve polverosa Helena restava aggrappata stretta a me, in parte per pura sicurezza, dall'altra per avere un minimo di calore fisico che si trasmetteva dal nostro corpo.
Rallentai un attimo.
-Tutto bene?- le chiesi.
-Si, tranquillo.- mi rispose lei di rimando.
-Vuoi fare una pausa?-
-Non serve.- rispose lei.
-Tra circa mezz'ora saremmo arrivati.- dissi.
Mi guardai attorno in quel freddo paesaggio totalmente bianco da orizzonte a orizzonte.
Se non fosse stato per quel cielo azzurro si sarebbe potuto credere di essere su Enceladus, una luna di Saturno completamente bianca coperta di neve per effetto dei suoi enormi geyser provenienti da un oceano di acqua profonda che gelavano all'istante ricoprendola costantemente di neve.
-Quanto manca?- mi chiese Helena.
-Pochi chilometri, - risposi -però dovremmo fare qualche tratto a piedi perchè ci sono delle scogliere di roccia sotto la neve e lo spessore della neve è più sottile.-
-Capito.-
Quindi ripartimmo.
Fortunatamente quella era una motoslitta abbastanza veloce, se fosse stato un mezzo più obsoleto saremmo tornati a casa a notte fonda, e questo non era assolutamente il caso visto che a notte fonda le temperature del Vatnajokull scendevano in modo brutale, sopratutto in pieno inveno.
Quando arrivammo, scendemmo dalla motoslitta togliendoci il casco.
Helena scosse la testa facendo volteggiare i lunghi capelli castani e si stirò gambe e braccia, più o meno come me.
Poco più avanti si osservava in modo piuttosto evidente un esteso bordo roccioso incrostato di neve che contrastava con il resto del paesaggio innevato, quasi pianeggiante.
Iniziammo a dirigerci in quella direzione.
-Quanto è grande questo affare?- chiese Helena chiaramente sorpresa.
-Qualche chilometro, è una caldera.- dissi.
-Me lo aspettavo più piccolo onestamente.-
-Se vai qualche chilometro più a nord ovest scoprirai che la caldera di Bardarbunga è molto più grande.-
-Ma non mi dire.- ironizzò lei.
Ci stavamo avvicinando.
-Come esplode questo vulcano?- chiese Helena.
- Più o meno come Esjufjoll, ma è una caldera causata da un'antica grande eruzione, che a sua volta contiene diversi crateri dove periodicamente erutta in modo più o meno violento.- spiegai.
-Sembra che tu conosca bene l'argomento.- osservò Helena.
-Sono sempre stato appassionato di vulcanologia, oltre che collezionare minerali.- dissi.
-È peggio di Esjufjoll?- chiese lei.
- Dipende, sicuramente quando erutta il paesaggio qui attorno si ricopre di polvere nera, come abbiamo visto a Jökulsárlón.-
-Meglio non essere qui quando succede.- osservò lei.
-In effetti no, tra le rocce che cadono dal cielo e gas vulcanici, questo è l'ultimo posto dove essere presenti.- dissi.
Finalmente arrivammo sul bordo della caldera.
Eravamo sulla sommità di uno strapiombo di rocce e ghiacci di almeno duecento metri.
-Incredibile, non mi aspettavo niente del genere.- commentò Helena.
-Già, nemmeno io.-
Il paesaggio della caldera era alternato da sfumature bianche e nere, da diverse aree lungo i bordi spaccati o coperti di neve si sollevavano dense colonne di vapore che andavano disperdendosi verso il cielo.
Lungo i bordi della caldera si osservava distintamente l'alternarsi dello strato di ghiaccio del Vatnajokull e la nuda roccia sottostante.
L'interno della caldera non era molto differente, con nera roccia lavica spaccata ovunque e pennacchi di vapore.
C'erano aree che sembravano comunque percorribili a piedi e non molto lontano da noi un grande lago turchese chiaramente di origine termale che emetteva vapore, sicuramente riscaldato dall'intenso calore che si sprigionava da sotto la superficie.
Non c'erano dubbi che la maggior parte del suolo all'interno della caldera emettesse calore.
-Che ne dici di fare due passi all'inferno?- tesi una mano ad Helena.
Lei mi guardò sorpresa.
-Stai scherzando spero.-
-Non c'è pericolo, è quiescente.- le risposi.
-Ma ne sei sicuro?- fece.
-Il pericolo maggiore è legato ai gas, ma essendo un enorme spazio aperto ventilato dubito che la nostra presenza per qualche minuto ne risentirà.- dissi.
-E se eruttasse?-
-Sarebbe una bella sfortuna.-
Una cosa era sicura.
L'interno di Grimsvotn trasudava davvero calore. Non al punto da ustionare o da dare fastidio, ma la differenza dal Vatnajokull si notava.
L'aria dentro la caldera era mite, tuttavia alternata da improvvise raffiche di vento gelido.
Eravamo scesi da un punto poco ripido sulla parete della caldera finendo all'interno di un piccolo campo di cristalli di zolfo che apparentemente trasudava dal sottosuolo.
Poco più avanti avevamo scavalcato una crepa nel suolo da cui fuoriusciva vapore, e ora ci trovavamo sul bordo del grande lago turchese.
Era estremamente caldo, lo si capiva dal vapore che emetteva.
-Ci saranno dei pesci?- ironizzò Helena.
-Al massimo qualche organismo estremofilo.- osservai.
-Quelli cosa sono?- chiese Helena indicando dei filamenti blu acceso appesi alle rocce appena visibili sotto la superficie del lago.
-Non lo so, ma sembrano qualcosa di vivo.- dissi.
Ci spostammo poco più lontano, camminando tra i continui pennacchi di vapore verso un area più centrale della caldera dove sorgeva dal suolo quella che sembrava essere una grande cupola di lava solidificata dalla cui crepe fuoriusciva ancora vapore, indice che all'interno era ancora molto calda da quando si era formata fino a fermarsi.
-Questo affare sembra essersi formato durante l'ultima eruzione.- osservai.
-Ma cos'è?- chiese Helena perplessa.
-È una cupola di lava che si sta ancora raffreddando, non mi sorprende che dentro sia ancora incandescente.- osservai affascinato.
-Quando è stata l'ultima eruzione qui?- mi chiese lei.-
-Circa quindici anni fa.- dissi.
-Ed è ancora così caldo?- fece Helena sorpresa.
-A quanto ho sentito la lava ha una bassa conducibilità termica, quindi può restare incandescente sotto la superficie per decenni.- dissi.
Esplorammo il resto di quel posto infernale ancora per un po, ma fatta eccezione per le numerose sorgenti termali e pozze di fango ribollenti l'interesse iniziò poco alla volta a scemare.
-Andiamocene.-
-Ci sto.- disse Helena.
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Risalimmo il poco ripido pendio che avevamo percorso fino a tornare tra le nevi eterne di Vatnajokull con i suoi gelidi venti.
Ci stavamo dirigendo verso la motoslitta quando mi accorsi che avevo un andatura degli scarponi differente, come se avessi qualcosa sotto la scarpaa.
Sollevai piede perplesso e con sorpresa mi accorsi che la gomma della mia scarpa sottostante era leggermente fusa.
Controllai anche l'altra, idem.
-Helena, prova a controllare sotto le tue scarpe.- feci
Helena si fermò guardandomi perplessa.
Quindi fece ciò che avevo già fatto io, poi mi guardò sorpresa.
-Sono leggermente bruciati.- disse.
-A quanto pare alcune zone del suolo di Grimsvotn sono particolarmente roventi.- dissi.
-Dovevamo aspettarcelo.- disse lei.
-Già. Andiamo c'è un ultimo posto che dobbiamo vedere qui vicino.- dissi.
-Cioè? L'importante è che non facciamo troppo tardi.- disse lei.
-Non lo faremo.- dissi.
Ripercorremmo l'ultimo tratto fino alla motoslitta, quindi ci mettemmo i caschi e ripartimmo.
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Ci dirigemmo poco più a sud della caldera di Grimsvotn fino a raggiungere un'area dove un enorme baratro divideva in due l'area del ghiacciaio fino a perdersi all'orizzonte verso sud.
Era come se un Jotunn avesse conficcato un'immensa spada incandescente nel mezzo del ghiaccio per incidere un enorme solco come un coltello nel burro.
Ci fermammo.
-Cos'è un fiume quello?- chiese Helena perplessa togliendosi il casco osservando il baratro.
-Quasi, - dissi, - questa è l'area che viene attraversata e scavata dalle inondazioni glaciali quando avvengono le eruzioni di Grimsvotn.-
-Intendi quando il ghiacciaio si scioglie?-
-Si, attraversano il ghiacciaio in parte erodendolo in parte sciogliendolo a loro volta e fluiscono direttamente nell'oceano.- spiegai.
Ci avvicinammo.
-Attenta, i bordi potrebbero essere instabili.-
Guardammo giù.
Solo neve fresca, ma le pareti di ghiaccio stratificato erano alte centinaia di metri.
-Impressionante,- fece Helena, - mi fa quasi più impressione di Esjufjoll.-
-Già, ma per fortuna qui è tutto silenzioso.-
Poco dopo stavamo tornando nuovamente indietro con la motoslitta tra le bianche distese di Vatnajokull.
Il vento si era appena alzato, lo si notava in lontananza dalle nuvole di neve polverosa che veniva sollevata e nuovamente dispersa in quella landa bianca.
C'era ancora un posto che volevo mostrare a Helena, ma speravo di fare in tempo.
La sentivo insolitamente stretta forte a me, forse dopotutto le piacevano queste strane avventure.
Non avevo mai visto il vulcano Grimsvotn, ma dalle mappe non era un posto difficile da raggiungere, anche se raramente i turisti erano interessati a vedere un vulcano morto tra i ghiacciai.
Ci stavamo nuovamente dirigendo verso casa, ormai il sole si stava avvicinando al tramonto, ma non ero preoccupato.
Avevamo organizzato con precisione i tempi di andata e ritorno.
Tuttavia prima di tornare a casa ci fermammo in un area del ghiacciaio poco prima di Jökulsárlón, una sorta di caverna all'interno del ghiacciaio.
Qui la base dell'enorme ghiacciaio veniva sciolta dall'attività geotermica, creando una sorta di caverna di ghiaccio blu, c'erano diverse di queste aree in tutto il Vatnajokull.
Questa l'avevo già visitata, ma cambiava aspetto ogni anno.
Entrammo nella grotta blu.
-Non ci sono mai stata qui, sinceramente non credevo potesse manco esistere un posto simile.- disse Helena sorpresa.
Qui l'attività vulcanica in combinazione con il gelo e il disgelo aveva scavato una sorta di strano paesaggio sotto il ghiacciaio dalle forme aliene che con la luce del crepuscolo assumeva tonalità e sfumature cristalline che andavano dal turchese al blu profondo.
-È un gioco di gelo e disgelo, - le dissi- se torni qui il prossimo anno vedrai che avrà un aspetto del tutto diverso.-
Studiai incuriosito la forma delle stalattiti che pendevano dal soffitto, poi mi accorsi che Helena mi stava guardando.
Condivisi la sua attenzione.
Quindi fece un paio di passi e mi si fece più vicina prendendomi le mani guantate nelle sue.
-Grazie per questa bella giornata.- sussurrò.
Quindi si sollevò e condivise il respiro tra le sue labbra con il mio.
Un caldo tepore tra quel freddo eterno.
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