Quella notte la sognai.
Sognai le sue lacrime prima che ci dividessimo.
Sognai l'ultimo bacio salato prima di salutarci.
Quando era giunta ormai la sera una densa cappa di nebbia avvolgeva Jökulsárlón in uno spettrale aspetto di luci e sagome indistinte.
I rinforzi della Protezione Civile con i lampeggianti accesi erano arrivati in città, sia delle loro auto che di quelli che lasciavano la città si poteva vedere solo le luci dei fari e dei lampeggianti.
La cosa più inquietante tuttavia era che quella nebbia acida amplificava in qualche modo quel bagliore rossastro delle enormi fontane di lava che eruttavano in lontananza.
Il paesaggio urbano stava lentamente diventando sempre più nero a causa di quella fine polvere nera che si depositava a su ogni cosa.
I droni della Protezione Civile avevano monitorato il flusso di lava, si trovava ormai a metà strada da Jökulsárlón, tuttavia l'elevato spessore del manto nevoso lo aveva rallentato notevolmente.
Lungo la fessura eruttiva si stava accumulando un'enorme quantità di scorie eruttive che andavano a formare un enorme cumulo nero lungo i bordi.
Un'enorme campo lavico semisolido di blocchi di lava incandescenti e braci di roccia fumanti veniva spinto attraverso lo strato di neve in direzione di Jökulsárlón.
Io e mia madre avevamo quasi terminato i preparativi per Hofn, saremmo partiti nel pomeriggio di domani.
La terra aveva ripreso a tremare con maggiore frequenza rispetto a quando c'erano state le prime eruzioni.
Il mattino successivo invece, verso mezzogiorno, il quale sapevo sarebbe stato l'ultimo giorno a Jökulsárlón iniziarono i primi terremoti di forte intensità.
Terremoti di magnitudo 5.
Fecero oscillare i lampadari, cadere libri dalle mensole, infrangere bottiglie sul pavimento..ma sopratutto iniziarono a formarsi crepe sull'asfalto coperto di nevischio grigio.
L'evacuazione accelerò ulteriormente e persino per degli islandesi come noi la sopportazione stava arrivando ad un limite fin troppo discutibile.
Le scosse di terremoto continuarono mentre preparavo le ultime essenziali cose per partire per Hofn, finchè non accadde qualcosa di spaventoso.
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Un suono come di cascate risuonò in tutta Jökulsárlón, ma molto più distinto, e attirò la mia attenzione mentre terminavo di preparare l'ultima valigia.
Quando uscii di casa rimasi impietrito.
Si era alzato il vento e aveva provvisoriamente disperso la densa nebbia secca, ma in lontananza nonostante la foschia, nel punto in cui si trovava la lunga cortina di fontane di lava ora si vedeva un'enorme muraglia rosso scura che saliva almeno cinque volte più in alto nel cielo.
Le enormi fontane di lava ora salivano per almeno un chilometro nel cielo prima di ricadere in uno spettacolo da incubo.
Compresi la gravità di quello che stava succedendo e compresi anche che non era più questione di giorni ma di ore prima che la lava arrivasse a Jökulsárlón.
Un simile volume di lava in movimento niente lo avrebbe fermato.
La città andò nel panico, dopotutto chiunque sano di mente avesse visto un simile evento, nel mezzo di una nebbia tossica e secca, sotto una pioggia di polvere nera e con terremoti continui avrebbe ceduto.
Tutti gli avvertimenti dati dalla Guardia Nazionale e dalla Protezione Civile caddero nel dimenticatoio della coscienza.
Le auto iniziarono a partire a tutta velocità verso mete ignote, ci furono anche incidenti e persone investite, nessuno si curò di soccorrerle.
Io e mia madre partimmo per Hofn nel mezzo di un traffico caotico.
La nebbia secca aveva ripreso a vigore, sembrava persino più densa di prima, un fatto che fu confermato dal fatto che la visibilità era ancora più ridotta, senza contare la pioggia di polvere nera che scendeva più fitta, tanto da creare problemi al tergicristallo.
Mentre lasciavamo Jökulsárlón si potevano già vedere i primi incendi, le fiamme si levavano dalle case in periferia esposte in direzione del fronte lavico che a quanto pare era già arrivato.
Poi provvisoriamente la visibilità tornò, probabilmente si era alzato di nuovo il vento, e non molto lontano vidi l'enorme campo lavico nero semi incandescente come un pezzo di inferno che si avvicinava, alto quanto un piano di una casa, poi poco più avanti vidi delle esplosioni di vapore nella neve.
Probabilmente la lava più "fredda" veniva spinta in avanti sotto lo spesso strato di neve facendolo bollire dove in seguito esplodeva in superficie nei punti in cui la pressione elevata.
In lontananza le enormi fontane di lava continuavano a salire nel cielo, rosse come il ferro fuso.
Per qualche motivo non provai panico, anzi, ero talmente saturo di emozioni di vario tipo, aver perso la mia esistenza, la mia città, Helena ecc, tutto in ventiquattro ore, che ora la mia mente si limitava a registrare i dettagli e il mio corpo andava in automatico su quello che c'era da fare.
Poi lo la nebbia secca eclissò ancora una volta quell'inferno.
Si molto probabilmente ero finito all'inferno.
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