L'oscurità sta' inghiottendo quel poco che rimane di cielo azzurro, mentre densi nuvoloni tuonano minacciosi avvicinandosi sempre più.
Come detto al telegiornale, Apocalypse avrebbe investito l'intera penisola italiana.
Mi chiamo Alessio.
Sono le quattro del pomeriggio e fuori ha preso a soffiare un vento decisamente forte, che sferza spietatamente le deserte vie di Lonta, portandosi dietro residui di fogliame e spazzatura di vario tipo.
A momenti so che rischia di piovere, ma la cosa più spaventosa da osservare in questo momento è il cielo nero come un velo funebre.-
Passerà anche questo.- commento tra me e me sedendomi sul divano per guardare la televisione.
Con la coda dell'occhio qualcosa di nero posto sull'altro lato del divano attira la mia attenzione.
Mi volto, e mentre un tuono temporalesco squarcia l'aria noto che si tratta del cellulare di Sita, probabilmente dimenticato li il giorno prima.
Che fare?
Guardo fuori dalla finestra: il vento soffia forte, ma non e 'una tromba d'aria.
Sita dista pochi isolati da casa mia e andare con il cross non e' di certo un problema, nemmeno con un vento simile.
Un lampo scatta nella mia mente, prendo il cellulare, indosso le scarpe da ginnastica, ed esco per riportarlo a Sita.
Un fulmine saetta ramificandosi alto nel cielo, del tutto simile a una gigantesca mano scheletrica pronta a ghermire.
Metto in moto il centoventicinque e, una volta uscito dal garage, parto in controvento diretto verso la casa di Sita, se lei avesse avuto bisogno del cellulare e non lo avesse avuto a disposizione allora sarebbe stata in parte colpa mia.
Il vento sta' rafforzando, ma al momento per me il pericolo più grande sono i fulmini.
Sono a metà strada quando d'un tratto un boato assordante mi costringe a chinare istintivamente la testa.
Accade tutto nell'arco di pochi secondi: prima il ramo d'albero che mi taglia la strada; poi il volo che faccio in avanti; infine l'esplosione di dolore lancinante in tutto il corpo.
Mi ritrovo immezzo alla strada dolorante, il centoventicinque ancora acceso dall'altra parte della carreggiata.
"Se devo morire che muoia" questo e 'il mio pensiero mentre, divorato dal dolore, mi trascino vicino al centoventicinque con le braccia. Il cielo continua a tuonare minaccioso e il vento non soffia da meno di prima. Poco a poco il dolore comincia ad attenuarsi, riesco anche se con fatica a rialzarmi in piedi, la gamba destra mi fa ancora un male cane ma sembra che non ci sia niente di rotto.
Ovviamente, in giro non c'e' nessuno, chi sarebbe così folle da uscire con un tempo simile, a parte il sottoscritto ovviamente.
Mi guardo intorno per vedere se qualcuno abbia assistito ho sentito all'incidente.
Nonostante il centro abitato sembra proprio di no.
Salgo a bordo del veicolo ancora acceso, e parto diretto verso casa, affanculo anche il cellulare.
All'improvviso comincia a piovere a dirotto.
Una pioggia torrenziale a tratti mista a grandine grossa quanto un chicco d'uva.
Fortunatamente anche se senza casco, riesco a raggiungere casa mia prima dello scatenarsi del diluvio.
Il cielo lampeggia tuonando ripetutamente, mentre le nuvole continuano a gonfiarsi di pioggia.
Apocalypse per oggi mi ha già colto alla sprovvista.
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