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Guardai Reina mentre si dirigeva verso il fuoristrada, con i suoi capelli ramati raccolti in una coda. Il suo passo sembrava incerto e timoroso, ma allo stesso tempo sembrava determinata di iniziare.
Il mio cuore si rasserenò quando vide che c’era Mirko con lei, non l’avrei lasciata da sola con degli sconosciuti in quel brutto luogo. La mia mente viaggiò all’indietro, rividi il me stesso di appena 16 anni durante l’addestramento speciale, in quelle montagne terribili e spaventose. Il me stesso di quel periodo era un ragazzino, con tanta voglia di crescere, di diventare più forte. Ero totalmente ingenuo, pensavo di poter superare con poco quell’allenamento particolare. Ricordo che entrai con euforia nel mezzo che ci avrebbe portato lassù. Ricordo l’entusiasmo di aver conosciuto i miei compagni di squadra e i militari che ci avrebbero addestrato. Ricordo come mi sentissi fiero, essere un ragazzo così giovane in mezzo a quelli dell’ultimo anno. Erano tutti curiosi di sapere come fosse stato possibile, uno studente così giovane inserito in un programma così intensivo e tosto, al quale potevano partecipare solo gli studenti più grandi e capaci.
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Tornai con la mente al presente, vidi partire i fuoristrada. Una piccola mano sventolava dal finestrino, era Reina che salutava Spike e il sottoscritto. Cosa avrei dato per poter correre verso di lei e baciarla un’altra volta, prima di vederla mentre si allontanava sempre di più. Promisi a me stesso che avremo risolto tutto quanto riguardo a quello che c’era tra noi, volevo gridare al mondo intero ciò che provavo per lei.
Quando i cancelli si chiusero, guardai con la coda dell’occhio Spike, il quale era impegnato in una conversazione telefonica. Come avrei risolto, però, con lui? Quali parole avrei dovuto trovare per potergli confessare tutto quello che stava accadendo tra me e Reina? Lui che ci ama così tanto, noi che siamo la sua vita, tutto ciò a cui teneva. Insieme a Clarissa, ovviamente. Quasi invidiavo la sua posizione, aveva la possibilità di stare con la persona che ama senza problemi.
«Rory, io torno al lavoro. Se c’è qualcosa, chiamami» Disse Spike, non appena chiuse la telefonata.
Si stava mettendo in cammino verso il laboratorio, quando lo fermai per il braccio.
«Ho avuto il permesso di controllare la zona dell’addestramento dal caposquadra. Quando non mi alleno, sarò alla sorveglianza» Gli dissi.
Spike mi guardò, era stranamente calmo.
«Lo sai che andrà tutto bene, nostra sorella è un carro armato. Non devi esagerare, lo sai. Già ti alleni troppo, poi hai le tue missioni! E sai che a Reina non piace se la controlli troppo»
Sorrisi. Poi dissi: «Lo so, ma un mese è tanto. E non è detto che sia solo un mese»
«Lo so, capisco ciò che senti. Ho provato lo stesso quando era toccato a te. Adesso lo riprovo di nuovo, con Rei»
Lo guardai, gli diedi una pacca sulla spalla. Pensai a quanto potesse essere in pensiero in quel momento, cosa che non voleva dare a vedere.
«Ti lascio andare al lavoro, dai. Vedrò di comportarmi bene, nel frattempo».
Mi salutò, per poi andare. Mi guardai intorno, non c’era l’ombra del mio team. Pensando che fossero già al campo ad allenarsi, mi affrettai ad andarci anche io.
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Le giornate passarono poi allo stesso modo, quasi tutte uguali.
Sveglia alle 6 del mattino, poi corsetta prima di colazione. Dopo la colazione, allenamento al campo della Prima Squadra, fino all’ora di pranzo. Dopo un pasto leggero e veloce, toccava all’addestramento alle armi. La giornata si concluse con il mio costante turno alla videosorveglianza, dove potevo controllare le eventuali invasioni sul luogo dell’addestramento di Reina. Ogni volta che venivano segnalate le invasioni, in cuor mio speravo andasse tutto bene.
Durante la cena in mensa, capitava che venivano a salutarmi gli amici di Rei. Clarissa, Nicola, Luciana. Ogni volta provavano a chiedermi se avessi novità, ma ogni volta rispondevo “Nessuna novità”. I miei compagni di squadra mi guardavano ogni tale volta, condividendo con me uno sguardo di assoluta pazienza. Non che fosse una rottura, ma mi dispiaceva non poter dare loro buone o cattive notizie. Erano evidentemente preoccupati, soprattutto Clarissa, la sua migliore amica. Se non lo chiedeva a me, lo chiedeva a Spike.
Ad ogni modo, fu una routine stabile fino alla terza settimana, durante la quale il mio team fu convocato per una semplice missione fuori città. Durò meno di una settimana, durante la quale sterminammo non so quanti demoni durante un’invasione. Vedevo Roberto esausto, Angela che provava ad accarezzarlo in auto durante il viaggio di ritorno, anche lei stanca e sfinita. Michele disegnava cose a caso con le dita sul finestrino appannato. L’inverno si sentiva parecchio in quei primi giorni di gennaio.
Tornati all’Istituto, mi venne comunicato che l’addestramento sarebbe durato più del previsto, causa l’apertura continua dei portali. La mia mente viaggiò verso Reina, avevo il suo viso impresso nei miei occhi. I suoi occhi grandi e dolci che mi guardavano, mentre godevamo dei nostri momenti di tranquillità, sotto le coperte, mentre tutto taceva fuori. Dovevo resistere ancora un po’ di più.
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Durante la quinta settimana poi accadde. Di nuovo, l’Istituto fu invaso. Delle porte si aprirono e da essi uscirono gli orripilanti mostri. Alcuni simili a grossi uccelli e pipistrelli, alcuni simili a dei cani e dei lupi, con lunghi artigli affilati. Tutti gli studenti, tutti i professori e tutti i militari che abitavano l’accademia, si trovarono ad affrontare una nuova battaglia di fuoco e sangue. Nessuno si fermava, nessuno si arrendeva. Combattemmo tutti all’unisono, c’erano gridi di battaglia ovunque, rumori di spade, lance, rumori di spari dei fucili.
Io e il mio team ci dirigemmo verso la piazza dove venivano accolte le matricoli a ogni nuovo anno, dove adesso era circondato dai demoni. Arrivati sul luogo, aspettammo il segnale di Roberto. Quando questo fu scattato, ci buttammo nella mischia e iniziammo a trucidare quei maledetti mostri.
Stava diventando un bagno di sangue e carne putrida di demoni, il cielo era di un rosso vivo. Notai che stavano uscendo anche demoni di rango superiore, cosa che mi fece preoccupare non poco.
«Spero sia tutto sotto controllo nelle altre zone dell’Istituto» Disse Roberto in un piccolo attimo di tregua, quando si trovò schiena a schiena con me.
Nel frattempo, Angela sparò le sue frecce impregnate di sangue di demone, era una tiratrice formidabile. Lanciò poi le pozze per potenziare la nostra resistenza e le nostre armi.
«Speriamo» Dissi, prima di tornare in pista.
Continuai a trafiggere i demoni con la mia lancia, uno dopo l’altro, quando ne passò uno di rango A. Gridai il suo arrivo, rimanemmo di stucco. Un demone di così alto rango non era mai apparso in queste zone. Se potessi descriverlo fisicamente, potrei paragonarlo a un orco. Portava una mazza sulla sua mano destra, Michele riuscì a mirare con il fucile da cecchino contro essa, ma non riuscì a scacciarla. Perciò presi una spada che trovai a terra e provai a buttarmi addosso a lui, tentando di tagliargli il braccio, mentre Roberto aspettava il momento giusto per trafiggerlo al cuore con la lancia. Venimmo scalciati entrambi, volammo a terra. Quell’orco aveva una forza micidiale. Ma in un attimo, vidi una cosa che mi lasciò senza parole.
Vidi la testa dell’orco cadere a terra, cadde poi il corpo. Non ero riuscito a distinguere la figura che arrivò in nostro soccorso, da quanto fu veloce. Strizzai gli occhi e poi girai lo sguardo verso tale figura. La vidi di spalle, il mio cuore trasalì. Una lunga e pomposa chioma ramata. Reina era tornata.
Si girò, mi guardò. Mi sorrise, poi si avvicinò. Era Reina, era sempre lei. Ma c’era qualcosa di diverso in lei, sembrava essere diventata davvero più forte e capace. Sembrava così a suo agio ora nel campo di battaglia. Mi tese la mano.
«Tutto bene, Rory?»
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