Chiedemmo al direttore se fosse possibile avere un po’ di tempo per parlare tra noi e Spike, lui acconsentì. Usciti dall’edificio, Rory mi trascinò dietro esso dove non c’era nessuno che potesse ascoltare. Rory mi guardò, mi osservò.
«Rei… penso non ci sarà nessun modo per poterti fermare dall’accettare quella richiesta, vero? Lo vedo dal tuo sguardo che vuoi andarci»
Scossi la testa e lo accarezzai.
«Rory, lo sai che non potrai proteggermi in eterno. E poi, ehi! Diventerò più forte, tornerò e faremo parte dello stesso team. Potremo combattere insieme, potremo vendicarci insieme dei demoni»
Mi sorrise, il pensiero di combattere fianco a fianco lo stava tentando. Si assicurò che non ci fosse nessuno nei paraggi e mi diede un dolce e veloce bacio. Avremo mai avuto un attimo di tregua per pensare anche ai nostri sentimenti? Non riuscivamo a stare insieme che prima o poi uno o l’altro doveva partire o spariva.
«Dovremo dirlo a Spike. Non solo dell’addestramento speciale, ma anche di questo» Dissi guardandolo negli occhi.
Il vento pungente dell’inverno si sentiva parecchio in quella mattinata, Rory si stava strofinando le mani, persino lui che non sente mai il freddo dell’inverno, ora lo sentiva.
«Ci stavo pensando giusto ieri sera mentre cercavo di dormire. Mi chiedo quando potrebbe essere il miglior momento per dirlo, ce n’è sempre una»
Rory girava intorno, non riusciva a stare fermo in un punto. Poi guardai l’ora, erano le già 10 passate.
Proposi di andare intanto da Spike per dirgli almeno della missione.
«Se non è un problema per gli allenamenti» Aggiunsi.
«Non lo è mai, andiamo pure»
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Spike si trovava nell’atrio dell’edifico dei laboratori, stava prendendo un caffè, seduto di spalle a noi in un divanetto. Nel mentre, stava sfogliando le notizie del giorno dall’app del telefono. C’erano altre persone e addetti che si stavano rilassando, era l’attimo di tregua prima dell’inizio della giornata lavorativa. Il tepore dell’interno dell’edificio mi stava accarezzando il viso, stavo adorando quel dolce e piacevole calore che si sentiva.
Facendo piano, senza spaventarlo, mi avvicinai a Spike e lo abbracciai da dietro. Gli diedi un bacio sulla guancia.
«Oh, chi si vede! Buongiorno tesoro» Disse sorpreso, salutò anche Rory, il quale si sedette sul divanetto vicino al suo. Io andai a sedermi accanto a lui.
«Che vi prende? È successo qualcosa?» Domandò poi Spike, aveva già capito che non eravamo lì per caso.
Rory gli disse della proposta del direttore. Spike posò la tazza del caffè sul tavolino, insieme al suo smartphone. Si strofinò il viso e poi mi guardò. Finora mi aveva visto sempre come la sua piccola sorellina, quella da proteggere, quella che “è ancora presto per lei”. Ma allo stesso tempo, provava fiducia in me e nelle mie capacità, in cuor suo sapeva che stavo crescendo, che non ero più quella piccola bambina spaventata che andava protetta.
Non disse nulla per qualche secondo, mi osservò soltanto. Sfiorò il mio viso con la sua mano.
«Vorrei poter dire di no, ma non sarò io a fermarti. Sei consapevole di quanto sarà dura?»
«Lo so, ma mi sento pronta» Dissi. Spike guardò Rory.
«Tu che già sai come funziona, preparala prima che parta» Rory annuì, disse che ci avrebbe pensato lui «E tu, piccola, avverti mamma e papà, serve anche la loro di approvazione» Aggiunse poi Spike.
«Lo farò»
Ricordai poi a Rory degli allenamenti, che forse facevamo in tempo a fare qualcosa. Quella mattina avevamo lo stesso orario degli allenamenti.
«Dopo penserò a chiamare i nostri genitori, così più tardi darò l’eventuale conferma al direttore».
Salutai Spike prima di andare, lui mi strinse a sé. Gli ricordai che ancora non dovevo partire. Quando dovette partire la prima volta per venire qua all’accademia, mi strinse allo stesso modo, così anche a Rory. Ma quella volta era un ragazzino di quindici anni, che era consapevole di ciò che gli aspettava all’Istituto.
Adesso era un uomo che vedeva crescere i suoi piccoli fratelli. Prima Rory, adesso io.
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Io e Rory ci cambiammo nello stesso spogliatoio, dove al momento non c’era nessuno.
Ne approfittai per guardarlo, mentre tiravo fuori dalla mia borsa la tuta da allenamento. Pensai a quanto fosse bello, a quanto lo trovavo bello io. In quel momento avrei voluto accarezzare il suo petto, guardare i suoi occhi da vicino, baciarlo. Rory notò che lo stavo fissando.
«Qualcosa mi dice che non hai buone intenzioni. Per essere sinceri, nemmeno io le ho» Disse. Dopo aver indossato la t-shirt, mi toccò la punta del naso con il dito «Ma dobbiamo resistere»
Gli sorrisi maliziosa – «Proverò a resistere» – dissi finendo di cambiarmi.
Arrivati in campo, lui si diresse verso la sua classe, io verso la mia. Il coach mi invitò a iniziare a fare stretching e i giri del campo, prima di aggiungermi ai miei compagni per gli addominali e altri esercizi. A quanto pare, anche Rory ebbe gli stessi compiti.
Lui ne approfittò per sfidarmi a fare più giri di lui, che per me era impossibile. Disse di provare almeno a raggiungere il suo limite, di considerarlo come un pre-allenamento prima di partire.
Ovviamente non riuscii, ma fui in grado di battere il mio record personale. Quando raggiunsi i miei compagni, i quali ormai avevano già finito, mi aspettavano Mirko e Clarissa.
Mi chiesero il motivo per quella chiamata agli altoparlanti, io raccontai a loro la novità. Ebbero la stessa espressione stupita e quasi fiera.
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