Alla fine della giornata, rientrammo nei nostri dormitori. Presi Clarissa, la feci sedere sul suo letto. Io mi sedetti sul mio, iniziai a spiegarle della missione urgente che sarebbe partita fra meno di due giorni e le spiegai che domattina avremo saputo di più a lezione.
Fece un lungo sospiro «Non posso negare di essere preoccupata, ma qualcosa già intuivo. Intuivo che ci fosse qualcosa che non andava, anche dall’attacco avvenuto il primo giorno. Sono in contatto con delle persone che vivono più a nord, che son dentro le accademie anche loro. Mi hanno detto che non è una bella situazione da quelle parti. Ma… ma son preoccupata, anche per Spike»
Vidi le sue mani tremare un po’, stava cercando di sforzarsi di essere forte. L’abbracciai «Lo conosco, è un osso duro. L’hai visto combattere. È un ricercatore ma rimane fenomenale anche nel combattimento. Con lui ci sono i migliori, poi. Son sicura che andrà tutto bene».
Riuscì a tranquillizzarsi.
«E dire che dovrei pensare io a rasserenare il tuo di animo» disse.
«Siamo migliori amiche, dobbiamo esserci l’una per l’altra. Ora più che mai»
«Hai ragione. Adesso mi sono ripresa»
Dopo una bella doccia, andammo a dormire entrambe. Io non riuscii a chiudere occhio.
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La mattina seguente iniziò con gli allenamenti al campo. Come intuivo, non c’era nessuna Prima Squadra, nessuno con lo stemma di appartenenza. Probabilmente erano tutte impegnate nei preparativi.
Il coach ci indicò gli esercizi da fare, quando arrivò il nostro mentore, il professor X che ci addestrava alle armi. Disse qualcosa sottovoce al coach.
«Ragazzi, il professore vi deve parlare»
Tutti si fermarono e si avvicinarono ai docenti. Intuivo e già capivo quale fosse l’argomento.
«Son qua per comunicarvi che gli addestramenti non ci saranno questo pomeriggio. Da qui fino ad almeno due settimane, condividerete gli addestramenti con tutte le classi del primo anno» iniziò a parlare, tutti iniziarono a guardarsi perplessi e preoccupati «Questo perché? Perché io, con altri docenti, partiremo per una missione importante, parecchio importante. Forse alcuni di voi già lo sanno, ma la situazione al nord è messa parecchio male. Stanno chiamando più squadre e soldati possibili. Le Prime Squadre e le squadre del quinto anno dovranno partecipare e partiremo tutti domani mattina»
Spalancai gli occhi, gli occhi di alcuni ragazzi ebbero la mia stessa reazione.
«Quinto anno? Tutte le squadre? Dovevano essere solo le Prime Squadre» intervenni, mi guardarono tutti. Subito mi resi conto della mia sfacciataggine, interrompendo un docente in un discorso importante «Mi scusi professore per l’interruzione»
«Non ti preoccupare, Williams. Riesco a capire la tua preoccupazione, vedo che sapevi già della missione» disse.
«Ero con Rory e Spike Williams ieri sera al laboratorio, un ufficiale era entrato per dare la comunicazione» spiegai.
«Quel che non ha comunicato a loro è che anche il resto delle squadre deve rispondere all’intervento della missione. È un comunicato di questa mattina, non c’è stato nemmeno il tempo di prepararli» notò gli sguardi preoccupati, sapeva che alcuni di loro avevano amici, fratelli, sorelle dell’ultimo anno «e state tranquilli, loro dovranno solo restare nelle retrovie per i demoni più belli. Senza contare che non saranno soli, accanto a loro ci sono i migliori soldati, le migliori Squadre. Torneremo tutti quanti insieme»
Appena finì di parlare, salutò e se ne andò. Il coach ci invitò a fare quello che ci sentivamo, ma tutti volevamo continuare e finire gli allenamenti mattutini.
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Alla fine della lezione, dentro gli spogliatoi, tutti si cambiarono in un grande silenzio. Due ragazze e un ragazzo che a fianco a quello mio e di Clarissa parlavano tra loro a voce bassa. Una delle due ragazze aveva la sorella al quinto anno, era preoccupata. I suoi amici cercavano di tranquillizzarla.
Mi girai intorno e c’era tutta la classe con il loro stesso stato emotivo. Non avevo stretto amicizia con tutti loro, ma avevo avuto modo di parlarci, di scambiare qualche opinione, di allenarmi con loro. Senza contare gli aiuti che ci davamo durante alchimia. Di alcuni non ricordavo nemmeno il nome, eravamo tantissimi, circa una trentina. Senza contare che alcuni avevano fatto il cambio con altre classi.
Guardai Clarissa, presi un respiro profondo e salii su una panchina, cercando di attirare la loro attenzione. Sentivo gli sguardi puntati addosso, ma in cuor mio sentivo di dover far qualcosa per placare gli animi di tutti i miei compagni.
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«So bene cosa state provando in questo momento, lo so benissimo, credetemi. Come alcuni di voi, anche io ho persone a me care che sono dell’ultimo anno e non solo. Anche io sono preoccupata, anche io ho paura di non rivederli più. Ma ora più che mai devo mettere da parte questa mia preoccupazione, anzi dobbiamo farlo. Dobbiamo impegnarci di più, dobbiamo rimanere uniti. Dobbiamo credere in loro, dobbiamo pensare che se loro sono arrivati a quel punto del loro percorso, è perché volevano farlo. Io non conosco i vostri fratelli, le vostre sorelle o i vostri amici e amiche, ma son sicura che tutti stanno combattendo per uno scopo, così come lo state facendo anche voi. Un giorno anche noi saremo al loro posto e anche noi, come loro, vogliamo vedere nei visi dei nostri cari tutto tranne la preoccupazione. Loro hanno bisogno anche della nostra forza, della nostra determinazione. Ecco, io non brava a far nessun tipo di discorso, perciò vi sarà sembrato stupido, banale, pieno di frasi scontate. Ma spero di aver raggiunto i vostri animi»
Un silenzio, quasi imbarazzante, iniziai a pentirmi della mia iniziativa così impulsiva. Vedevo giusto alcuni sguardi di approvazione. Ma un ragazzo appoggiato ad un armadietto iniziò ad applaudire, a gridare una specie di tifo, gridando e ricordando cosa facessimo lì.
«Rei ha ragione, cazzo. Cosa siamo venuti a fare qua? Non volevamo diventare dei grandi combattenti? Dei ricercatori? Se iniziamo così, a preoccuparci per i più grandi, senza credere in loro, come faremo a credere in noi?»
Tutti iniziarono ad animarsi in coro, un coro di sfogo, di approvazione. Si erano risollevati quasi tutti. Scesi dalla panchina, il ragazzo fece segno di approvazione, come se fossi andata alla grande.
«Avevamo bisogno di qualcuno che ci spronasse, grazie a tutti e due» disse una ragazza.
«Già, ci voleva davvero» intervenne un’altra ragazza.
L’atmosfera si era placata, ma era una tranquillità diversa adesso.
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Usciti dagli spogliatoi, trovai Rory. Era con la sua Prima Squadra.
Andai a salutarli, mi abbracciarono. Rory per primo. In questi giorni ero riuscita a far amicizia con tutto il team, complice il fatto che andavo a trovarli all’addestramento alle armi.
«Siamo venuti qua per salutarti» disse Roberto.
Angela mi abbracciò più a lungo degli altri.
«Come va Rei? Si è sentito un certo trambusto da lì dentro» disse Alessandro.
«Rei ha fatto un bel discorso, insieme a un altro ragazzo. Erano tutti con la faccia a terra, ma loro due si sono comportanti da veri leader» disse Luciana, avvicinandosi a loro. Mi guardarono sorpresi, soprattutto Rory. Alessandro mi diede due pacche sulla schiena.
«Esagerata, ho fatto solo quello che sentivo. Mirko, l’altro ragazzo, è stato molto più in gamba di me»
«Ma hai fatto bene, avrei fatto lo stesso anche io» intervenne Angela «e grazie, fa sentire meglio anche noi».
Rory non disse nulla, ma mi guardò con un sorriso fiero.
Michele, l’ultimo membro che conoscevo del loro team, disse che dovevano già andare all’incontro con il loro caposquadra. Era un ragazzo alto e moro, simpatico ma molto introverso rispetto agli altri. Ci salutarono, Rory per ultimo mi diede un bacio sulla guancia e se ne andarono. Sulla porta c’era Rebecca, lei e Rory si guardarono a malapena. A quanto pare non avevano ancora avuto modo di chiarirsi. Rory non era sicuro di continuare la loro storia, soprattutto dopo quel veloce bacio che c’era stato tra noi.174Please respect copyright.PENANATtVJ7UlNG0
In giornata ricevetti un messaggio da Spike, voleva che dormissimo insieme quella sera, prima di separarci. Accettai la richiesta dopo averlo chiesto a Clarissa, non sapendo se volesse la mia compagnia.
«Ma scherzi? Devi stare con loro stasera!»
Arrivò un messaggio anche a Clarissa. Era di Spike.
«Vuole che lo raggiungo appena posso»
«E che aspetti?» la invitai ad andarci subito.
Luciana e Nicola mi proposero di andare a prendere un caffè e io accettai l’invito. Avevo bisogno di distrarmi un po’ in quel momento.
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