«Piccola umana, così. Avvicinati, entra nel portale»
Quella voce così inquietante e agghiacciante, ne ero così spaventata. Ma allo stesso tempo, non riuscivo a controllare il mio corpo, volevo raggiungere Azahal. Mi sembrava, inoltre, di sentire un eco in lontananza, sentivo echeggiare il mio nome. Ma la voce dell’eco non era la voce di Azahal, sebbene non riuscissi a capire da chi provenisse.
«REINA!»
Quella voce, quel grido, si sentiva sempre di più. Ma non mi importava. Ancora due passi e sarei tornata da Azahal, la mia mente e il mio corpo erano interessate solo a quello. Non avevo più il controllo di me stessa.
Poi sentii esordire un «Scusami, Reina». L’attimo dopo, mi ritrovai a terra, con un dolore fitto al fianco. Era come se qualcuno mi avesse dato un calcio per buttarmi a terra.159Please respect copyright.PENANAqGXEXrH4Te
Vidi di nuovo gli alberi, la luce dell’alba mattutina. La mia vista tornò alla normalità, la voce di Azahal si dissolse nell’aria. E non solo, anche la mia mente tornò sul pianeta terra. Mirko era di fianco a me, mi stava aiutando a rimettermi in piedi.
«Per un pelo. Temevo di perderti» Disse Mirko.
Sputai il sangue che avevo in bocca, mi passai le mani tra i capelli.
«Era la tua voce. Continuavi a chiamarmi, la tua voce mi ha salvata» Gli dissi. Mirko mi sorrise, aveva gli occhi rossi. Anche lui sporco di sangue ovunque. Lo abbracciai, fregandomi di com’eravamo conciati. I portali si stavano chiudendo, quella mattina i demoni di alto rango furono massacrati da noi, dal nostro team e da due ragazzini di appena 15 anni.
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Successivamente all’attacco, ci occupammo dei feriti. Sembrava stesse andando bene, nessuno con ferite gravi. Avevano tutti qualche graffio, eccetto John. Lo sentii urlare dal dolore. Ruggero mi disse che un demone gli aveva quasi squarciato la schiena. Era stato anche avvelenato. Mi venne in mente la mia prima ferita da battaglia durante il primo giorno all’Istituto.
Per fortuna c’erano scorte di antidoti, disse Ruggero. Alexander prestò subito a soccorrerlo non appena lo sentii urlare. Mi invitò ad aiutarlo di corsa, così lo seguii dentro la tenda dove John fu disteso a pancia in giù. Era stato portato da Leon e un altro militare di un’altra squadra.
Guardai John, lo vidi tremare, stava delirando. Pronunciava frasi incomprensibili, non riuscivo a distinguere le parole. Mi misi in ginocchio di fronte a lui.
«Stringi forte le mie mani, John! Andrà tutto bene» Gli dissi.
Alexander procedette a versare l’antidoto sulla grande ferita e John urlò per il bruciore di quel liquido. Mi strinse talmente forte le mani, che riuscì ad affondare con le unghie sulla mia pelle, lasciandomi i segni. Poi si calmò, il senso del bruciore sembrò sparire. Poco a poco, riuscì a tornare anche in sé, poggiò dolcemente la testa sulle mie gambe.
«Fatto, ora devi solo riposare. Bravo John, sei stato forte» Disse Leon.
«Tutto finito, è tutto finito» Lo rassicurò Alexander, dopo che ebbe finito di medicare la ferita. Poi mi guardò e mi disse: «Non dovrebbero esserci altre ferite, ma andiamo a controllare la situazione. Resta tu con lui. Se succede qualcosa, urla il nostro nome».
«Ci penso io, andate pure»
Alexander e Leon uscirono dalla tenda, rimasi da sola con John. Era sudatissimo, pieno di sangue, pieno di graffi, ma ora stava bene. Accarezzai i suoi capelli castani, erano morbidi nonostante il sudiciume da post battaglia.
«Grazie, Rei» Disse con fatica John, sembrava tentare di sorridere.
«Ehi, cerca di riposare. E figurati, è il minimo tra compagni di squadra»
«Peccato che saremo una squadra solo durante l’addestramento» Sembrava avere un tono triste mentre lo disse.
Pensai poi a Rory e al suo team. Quanto mi mancavano. Quanto sentivo già la mancanza di Rory. Tentai di scacciare quei pensieri, ora il mio compito era mantenere alta la concentrazione.
«Però possiamo continuare a rimanere amici» Gli risposi.
John si sforzò, mettendosi a sedere. Gemette per il dolore della ferita, i suoi occhi erano scuri e penetranti.
«Che fai? Dovresti restare giù a riposare» Domandai confusa.
Non replicò a voce, ma si avvicinò e in un attimo le sue labbra poggiarono sulle mie, dandomi un bacio a stampo. Poi disse: «Solo amici?»
Lo guardai, ero sconcertata da quel bacio. Per quanto potesse essere un bel ragazzo, quel ragazzo mi sembrava così sbagliato. Pensai a Rory, io ero innamorata di Rory. Mi sembrava di aver appena fatto un torto a lui.
Fortuna voleva che in quel momento entrasse Mirko, salvando quella situazione imbarazzante. Mirko stesso sentì di aver come interrotto qualcosa, chiedendo se fosse successo qualcosa. Risposi che non successe nulla.
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I giorni poi passarono e l’addestramento fu intenso e immersivo. Ci allenavano da mattina a sera, dormivamo poche ore a notte. La nostra vita girava solo intorno a quello. Ci furono altre aperture dei portali, ma per fortuna non ebbi nessun problema. Niente Azahal.
Per quanto riguardava John, non parlammo più di quel momento. Continuammo ad allenarci come se nulla fosse. ma continuava a ronzarmi in testa il bacio che mi diede quella mattina. Senza contare che sembrava volesse starmi sempre vicino, tentò di essere dolce con me, ma senza essere troppo appiccicoso. Per fortuna, non era un Nicola 2.0, ma la cosa non mi piacque comunque. Quando Mirko ed io rimanemmo da soli, lui tentò di farmi parlare. Sapeva che c’era qualcosa, ma non me la sentivo ancora di parlargliene. Volevo concentrarmi su quello che per me era più importante in quel momento, ossia il mio percorso da combattente dei demoni. Cercavo di ricordarmi giorno dopo giorno il mio obiettivo primario, il mio unico e vero pensiero che potessi avere in quei boschi.
Tuttavia, ci fu una sera in cui fu il mio turno di sorveglianza, turno che condivisi con Alexander e John. Quest’ultimo ed io sedemmo sopra una vecchia auto abbandonata, controllando i boschi e restando in allerta. Alexander sedette sulla terra, sotto la nostra auto. Il nostro caposquadra ci disse che si sarebbe dovuto allontanare per pochissimi minuti.
Fu la prima volta da quella volta che io e John rimanemmo da soli. Nessuno dei due disse qualcosa, non riuscivamo ancora a parlare tra di noi, se non per questioni della squadra o degli allenamenti. Girai lo sguardo verso di lui, notai che aveva gli occhi che guardavano il bosco, sembrava perso nei suoi pensieri. Notò che lo stavo guardando.
«Scusa» Dissi, non sapendo come gestire quell’imbarazzo e quel momento ancora più imbarazzante in cui venni colta a fissarlo.
John scosse la testa.
«Non ti preoccupare» Disse. Poi ci fu un attimo di silenzio, per poi tornare a dire qualcosa: «Anzi, scusa tu. È colpa mia se ci troviamo in questa situazione. Se non ti avessi baciata, probabilmente non ci sarebbero problemi adesso»
Scossi la testa.
«Non è vero! Sono io che, purtroppo, non ho potuto darti una risposta. Anzi, mi correggo, non posso darti una risposta» Presi un bel respiro e poi gli confessai ciò che sentivo, omettendo alcuni dettagli «Tu mi piaci, come persona. Ma non provo quello che vorresti, mi dispiace».
Sorrise in modo sforzato. Vidi i suoi occhi scuri quasi luccicare.
«Lo immaginavo, lo sentivo. Ma volevo comunque tentare. Sai, mi sei piaciuta fin dall’inizio, fin da quando sei salita sul fuoristrada. Non ho mai conosciuto qualcuna con un tale coraggio, una tale forza come te. Sei coraggiosa, sei forte, sei dolce. Vedo quanto ti stai impegnando, vedo l’anima che ci metti quando combatti. Non son riuscito a smettere di provare qualcosa per te, anzi. Ogni giorno sento di essermi innamorato di te, ma ehi. Questa è la vita, vero? Chissà, forse un giorno cambierai idea e ti innamorerai anche tu di me. Chi lo sa? Forse ora tu sei innamorata di qualcun altro, ma continuerò a sperare che inizierai a guardarmi con occhi diversi. Non posso essere tuo amico, mi dispiace, ma sarò sempre al tuo fianco, come compagno di squadra. Al ritorno, sarò al tuo fianco come compagno di accademia»
Queste furono le parole pronunciate da John, sembrava quasi sul punto di scoppiare. Non immaginavo potesse essere così sensibile ed emotivo, lo vedevo come tutto d’un pezzo, come un ragazzo rigido e devoto solo al combattere. Lo guardai con la bocca e gli occhi spalancati, quasi avrei voluto piangere anche io. Non riuscii a rispondergli, anche perché in quel momento tornò Alexander alla postazione.
Io e John riuscimmo a continuare ad allenarci senza problemi, non pensammo più a quella sera. Per fortuna, rimanemmo in ottimi rapporti da ottimi compagni di squadra.
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Arrivò poi il giorno del ritorno verso l’Istituto. L’addestramento si stava concludendo.
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