Reina
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«Dite che ci aspetteranno settimane dure, vero? Un’intera struttura senza i migliori studenti, pochi docenti e specialisti» Luciana disse i suoi pensieri a voce alta, girando il cucchiaino in tondo dentro la sua tazza ancora piena di cappuccino.
«Abbastanza, spero passino in fretta» disse Nicola.
«Lo spero anche io» dissi sorseggiando il mio caffè macchiato «tu non prendi niente Nicola?»
«Ho bevuto troppa Monster oggi, meglio di no»
«Concordi con me che esagera? Finirà per impazzire con tutta quella caffeina che c’è lì dentro» disse Luciana.
«In effetti. Esploderai, sai?» risposi.
«Non starò male per così poco, ho avuto di peggio. In questi giorni necessito di stare sveglio e carico più che posso»
«Di peggio?» chiesi.
«Nell’anno di vuoto prima di venire qua ho bevuto non so quanto caffè e Monster, dormivo due ore a notte. Forse. A una certa ho dovuto smettere, lo ammetto, ma ora so controllarmi e so smettere quando esagero»
Io e Luciana ci guardavamo interdette e insieme pronunciammo un «Sei impazzito». Poi lei mi guardò, quasi fissandomi.
«Che c’è Luciana, ho qualcosa che non va?»
«Lo vedo che stai cercando di trattenerti, ma si vede che sei preoccupata riguardo i tuoi fratelli»
«Lo sto vedendo anche io» intervenne Nicola.
«Come fate a notarlo così facilmente?»
«Continui a muovere la gamba» continuò Nicola.
«E ogni tanto guardi l’orologio al polso» aggiunse Luciana «Torneranno presto, vedrai. Faremo in modo di far passare velocemente queste settimane»
Sorrisi ad entrambi «Grazie ragazzi»
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Clarissa
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Dopo aver salutato Reina, corsi all’entrata del laboratorio.
Alla grande vetrata dell’edificio, controllai se fossi in ordine. Capelli a posto, la mia divisa con in vista lo stemma dell’Istituto sul camice era in ordine. Stavo controllando l’orario dal mio orologio da polso, quando due mani mi coprirono la vista.
«La studentessa Clarissa Rossi è richiesta da Spike Williams» disse Spike con un tono che ricordava le voci registrate delle trasmittenti radio.
Mi girai verso di lui «Clarissa Rossi, presente» dissi, facendo un finto inchino.
«Vedo e vedo che sei puntuale come sempre. Son contento che tu sia qua! Puoi venire con me?»
«Va bene»
Mi portò al giardinetto dietro al laboratorio, il quale era pieno di tavolini e panchine dove poter rilassarsi, pranzare e altro. Mi invitò a sedere sulla prima panchina libera all’ombra. Nonostante fosse ottobre, faceva ancora un po’ di caldo nelle giornate di sole.
«Ti avranno già detto che domani partirò. Hanno bisogno anche di proseguire con le nuove ricerche, sperano di trovare qualcosa di nuovo» disse Spike.
«Già, Rei me l’ha detto ieri sera. Oggi c’è stato anche l’annuncio da parte del nostro mentore»
«Il professor X, già. Probabilmente avrete addestramenti più difficili da gestire, con un solo docente per tutti quanti»
«Vero»
Si alzò un venticello autunnale piacevole. Stavano arrivando già le 5 del pomeriggio.
Spike non ci pensò due volte ad avvicinare il mio viso al suo, per rubarmi un lungo bacio. Il nostro primo bacio, anzi il mio primo bacio.
«Dopo questo, avrai un motivo in più per dover tornare vivo, lo sai?» gli dissi, ancora sorpresa da quel gesto improvviso.
«Così sarà. La mia vita è sempre ruotata intorno alle responsabilità e ai doveri, ma più vado incontro a queste situazioni rischiose, più desidero poter lasciarmi andare. Stare con te è uno di quei momenti in cui riesco e voglio lasciarmi andare. Voglio che sia così per tantissimo tempo»
«Lo voglio anche io, sappilo» gli sorrisi. Ero felice e triste allo stesso tempo.
Mi baciò una seconda, una terza volta. Poi dovette salutarmi per tornare a finire i preparativi per la partenza.
«Ti aspetto domattina al grande cancello» disse.
«Non mancherò!»
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Spike
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Tornai in laboratorio, dove c’erano i miei colleghi che mi guardarono.
«Ma dov’eri finito?» chiese Matteo.
«Matteo, non sei un po’ troppo curioso per essere un tirocinante?» mi guardò spaventato «Scherzo, eh!»
«Ma stai bene Spike?» chiese un mio collega.
«Sto benissimo. Allora, dov’eravamo rimasti?»
Un’altra nostra collega ci indicò i materiali e attrezzature che dovranno essere portati in viaggio. Il nostro superiore invitò la collega a stipulare anche una lista di chi sarà presente del nostro team, di inserire il numero di materiali e attrezzature, non solo quali.
Finiti i preparativi, iniziava la fase finale della giornata, ossia le pulizie dei vari laboratori. Ognuno aveva il suo spazio da sistemare. Dopodiché, andai nella stanza dello staff, dove erano presenti i nostri armadietti, tavolo, sedie, macchinette del caffè e un frigorifero. Presi la mia valigetta, controllai il telefono. Rei aveva accettato di restare da noi per stasera, mi scrisse che passava prima in caffetteria con i suoi amici.
Le mandai uno sticker stupido. Ricambiò con uno sticker di un pagliaccio. Questo suo modo di fare l’aveva preso di sicuro da Rory. Scrissi poi a quest’ultimo, chiedendo dove fosse.
“Sono con il mio team, abbiamo finito ora i preparativi” fu la risposta al mio messaggio. Mi scrisse poi che sarebbe tornato al dormitorio fra meno di due orette, aveva anche già avvertito Rei.
Ne approfittai per tornare prima nel dormitorio. Arrivato nella mia stanza, appoggiai la valigetta sul mobiletto all’entrata, buttai sul letto camice e vestiti. Notai i bagagli di Rory ancora vuoti, mentre i miei erano già pronti ai piedi del letto.
Mi affrettai per entrare in doccia, il getto dell’acqua fredda toccò tutti miei nervi tesi, finalmente mi rilassai. Dovrei tagliare un po’ di questi capelli, pensai. Erano diventati troppo lunghi. Uscito dalla doccia, mi rasai quel poco di barba che avevo. Mi dava fastidio portarla.
Ripensai a Clarissa e al bacio che gli avevo dato qualche tempo prima. Sorrisi in modo stupido.
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Rory
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Dopo aver finito i preparativi, passai un po’ di tempo con il mio team. Era tradizione bere una bella birra tutti insieme prima di ogni partenza, sebbene fosse sempre di sera. Quella volta toccò farlo a fine pomeriggio, in quanto avevo deciso di passare la serata con Spike e Reina.
«La birra di Giovanni è sempre la migliore» disse Alessandro.
«Concordo, è la migliore fra i bar che abbiamo in tutto l’Istituto» disse Angela sorseggiando il suo bicchiere.
Roberto arrivò al tavolo con un vassoio con le birre che mancavano «Un po’ di patatine e noccioline offerti da Giovanni»
«Ma che dolce» pronunciò Angela
I pasti della mensa erano gratuiti agli studenti, ma non erano inclusi i consumi alle caffetterie, le quali lavoravano in proprio nella struttura con consenso del direttore dell’Istituto.
Vibrò il mio telefono, era un messaggio di Rei. Mi scrisse che ci avrebbe raggiunti al dormitorio non appena ebbe finito con i suoi amici. Le risposi di far con calma, avevamo tutta la sera per stare insieme.
Guardai la sua foto profilo, pensai al fatto che l’avrei lasciata di nuovo da sola per un po’. Dovevo convincermi che erano solo poche settimane, questa volta. Non anni. Pensai al bacio che le avevo dato. Cosa provavo per lei? Avevo sempre avuto un certo riguardo per lei; sia lei che Spike erano sempre stati al primo posto nella mia vita, insieme ai miei genitori. Ma lei era di più per me, ma era sbagliato quello che provavo, pensai. Nessuno sapeva ancora che fosse la mia sorellastra. Fu una scelta unanime della nostra famiglia, per evitare complicazioni e fastidi all’interno dell’accademia, come le troppe domande o altro. Volevamo proseguire la nostra vita in modo tranquillo, se così si potesse dire. Solo ai piani alti, come docenti e direttori, sapevano della nostra situazione familiare. Accettare i miei sentimenti significava anche rompere quell’accordo, pensai.
«Terra chiama Rory Williams, ci sei?» chiese Michele, schioccando le dita di fronte alla mia faccia.
«Scusate, ero sovrappensiero. Dicevate?»
«A che pensavi Rory? Non hai ancora bevuto la tua birra» disse Alessandro.
«Andrà bene la missione, vedrai. Ci siamo addestrati così tanto» disse Roberto «torneremo presto e ci berremo di nuovo questa birra fantastica»
«Esatto! Siamo il miglior team, o sbaglio?» aggiunse Michele, il quale mi scompigliò i capelli.
Tornai al presente, bevendo e ridendo con i miei compagni di squadra.
A fine serata li salutai, per poi tornare al dormitorio.
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