I miei occhi cercavano Rory o Spike, ma di loro nemmeno l’ombra.
Mirko riuscì a oltrepassare la fila per raggiungermi. Dopo di lui mi raggiunse Clarissa, la quale si strinse a me.
Dal nuovo pick-up che arrivò scese Spike. Vidi uno sguardo tetro, si avvicinò a un docente. Parlavano in sottovoce.
Non appena vide me e Clarissa, si avvicinò a passo svelto. Ci prese tra le sue braccia e ci abbracciò entrambe.
«Spike? Che è successo?» Domandò Clarissa.
Io non riuscivo a dire nulla.
«Rory sta bene, ma…»
Spike non fece in tempo a rispondere che arrivò il fuoristrada del team di Rory. Scesero tutti dal pick-up, ma non scese Alessandro.
Spostai lo sguardo da quella scena a Spike. Lui mi guardò, scosse la testa.
«Un demone» disse Spike a voce bassa, passò una mano sul viso strofinandosi gli occhi «Alessandro non ce l’ha fatta»
Alessandro. Quell’Alessandro che abbracciai prima che partisse. Quell’Alessandro che riusciva sempre a mettere di buon umore chiunque, che si univa sempre a me nel tirare fuori freddure pessime.
Le lacrime non facevano a meno di scendere, tutto sembrava così irreale. Guardai Clarissa e vidi i suoi occhi lacrimare. Spike ci strinse a se, Mirko tentò di accarezzare la mia schiena. Mi guardai intorno e vidi che c’era troppa gente, fin troppa. Vidi Rory, aveva lo sguardo a terra, non riusciva a guardare nessuno. Vidi Angela, abbracciata a Roberto. Vidi Michele, appoggiato al pick-up, con il viso coperta dalla sua mano.
Un docente si avvicinò a Spike e a noi, era il professor X. Insieme a lui, uno dei docenti che erano rimasti all’accademia per le nostre lezioni d’addestramento. Cercai di forza di ritirare le lacrime e mi asciugai il viso. Clarissa fece lo stesso.
«Williams, Rossi» Il professor X ci salutò.
«Sanders, Rossi, potete aiutare a invitare tutti a tornare nelle proprie stanze? Penso sia meglio che non rimangano qua» Mi guardò «Tu devi andare da Rory, lui ha bisogno di te e Spike»
«Ci pensiamo noi qua, professore» disse Mirko.
«Spike, Rei. Chiamatemi per ogni cosa» Ci salutò abbracciandoci. Spike la baciò prima che se ne andasse.
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Spike mi invitò ad avvicinarmi al team. Lo guardai e acconsentii.
Stavo per muovere un passo, quando Rory oltrepassò la fila, diretto al dormitorio. Non volse lo sguardo verso nessuno. Io e Spike ci guardammo.
«Ti raggiungo subito Spike, se vuoi avviarti»
«Ti aspetto» disse Spike.
Mi avvicinai ai ragazzi, Angela non appena mi vide mi saltò addosso abbracciandomi. Ricambiai stringendola a me.
«Mi dispiace tanto» le sussurrai.
«Anche a me, lui era… era…» cercava di sforzarsi di parlare, ma non ci riuscì.
«Shh, non dire nulla»
Allentai pian piano la presa, per far le mie condoglianze anche a Roberto e Michele, i quali mi abbracciarono a loro volta.
«Vai pure da Rory, grazie di essere venuta qua» disse Roberto.
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Pian piano la folla se ne andò scemando. Io e Spike andammo verso il dormitorio. Mentre camminavamo, prese la sua giacca e la posò sulle mie spalle.
«Sei uscita così in tuta, con questo freddo» disse.
«Non ci avevo fatto caso» mi giustificai.
La porta della camera era semiaperta, la stanza era al buio. Entrava a malapena la luce dalla finestra, con la tenda che la copriva. Tolsi le scarpe e mi addentrai, Rory era seduto accucciato davanti al suo letto. Non l’avevo mai visto così distrutto e indifeso.
Mi girai verso Spike, che accese le luce. Mi indicò di andare per prima. Tolsi la giacca di Spike e mi avvicinai pian piano a Rory, mi abbassai per avvicinarmi a lui.
Guardandolo in quello stato, la mia mente sbloccò un ricordo. Vidi in lui la me bambina di 5 anni che era appena entrata nella casa della famiglia Williams, dopo aver perso i propri genitori. Ho ricordi vaghi di quel giorno, ma ricordo ancora di come i miei genitori adottivi invitarono Rory e Spike ad aiutarmi, vedendomi con i vestiti e i capelli sporchi di sangue. Io ero lì, accucciata e immobile. La prima cosa che fecero Rory e Spike fu quella di prendermi, accompagnarmi di forza al bagno, togliermi i vestiti lasciando solo la biancheria e buttarmi in doccia, dove mi lavarono e tolsero le macchie di sangue. Solo sotto il getto dell’acqua riuscii a finalmente a urlare e a piangere.
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Mi girai e vidi che anche Spike si era seduto a terra, con la schiena appoggiata al mobiletto dell’entrata.
«Vieni Rory» dissi a Rory, mentre cercai di togliergli gli anfibi, i guanti di ecopelle. Erano ancora macchiati di sangue, mentre le mani erano piene di graffi. Riuscii a togliergli la giacca e i vestiti, lasciandolo in solo intimo. Per fortuna si lasciò aiutare.
Lo aiutai ad alzarsi e lo accompagnai al bagno, lo trascinai fino alla doccia. Spike guardò ogni cosa che facevo. Sotto la doccia potevo notare tutti i graffi sulle sue braccia e sulla schiena, alcune vecchie cicatrici, tutto il sangue che non si era ancora levato via. Entrai nella doccia anche io, aprii l’acqua e iniziai a passare la spugna piena di sapone sulla sua schiena. Poco dopo, Rory si girò, mi abbracciò e pianse. Pianse così forte che sembrava potesse sentirlo tutto l’intero dormitorio. Lo strinsi più che potevo, piansi anche io.
Spike che ci guardò appoggiato alla porta, si tolse i vestiti e venne ad avvolgerci tra le sue braccia, stringendo a sé soprattutto Rory.
Sussurrò poi un grazie.
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