Bersaglio mobile
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Cap. 18
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Sharon aveva ben chiaro cosa doveva fare. Andò al Westchester Golf Course di Los Angeles, uno dei più prestigiosi golf club della città. Sapeva che avrebbe trovato il suo ex capo del FID: Jeffrey Rupnik.
Voleva fare due chiacchiere, in ricordo dei vecchi tempi e chiarire alcuni fatti, che alla luce delle rivelazioni di Temple, Sharon teneva a chiarire. Voleva essere sicura, voleva sentirlo dire da Jeffrey in persona, che aveva preso un abbaglio, aveva sbagliato. Perché Sharon aveva ubbidito agli ordini e adesso voleva sapere se era stata manipolata, perché questa era la sensazione, che aveva addosso e non ne era felice.
Entrò nel golf club come visitatore e le indicarono, dove potesse trovare il sig. Rupnik. Stava facendo dei lanci di prova, sorseggiando un flut di vino. Sharon si avvicinò, Jeffrey era rimasto uguale, solo con i capelli bianchi, si avvicinò per attirare la sua attenzione.
Dopo un paio di lanci, Jeffrey sorseggiò il vino bianco, si appoggiò alla mazza e guardò Sharon: “Ti stavo aspettando Sharon, come stai?”
“Voglio la verità Jeffrey: hai incastrato Temple?!”
“Sempre dritta sul pezzo, non sei cambiata con gli anni, tesoro.” Sorrise e inclinando la testa la fissò negli occhi “Posso offrirti un flut di vino bianco?”
“Rispondi alla mia domanda e la facciamo breve.” Il tono era rude, era stufa di tante belle parole, voleva capire se era stata incastrata.
Jeffrey sorrise “Su Temple c’è già scritto tutto nei verbali e nelle sentenze di un tribunale, se non ricordo male. Dovresti chiedere a loro.”
“Invece lo chiedo a te. Voglio sapere, se mi hai usato per incastrare Temple?!”
“Oh Sharon, Sharon, tesoro mio. Sei sempre stata la paladina della giustizia e delle regole. La migliore che abbia mai conosciuto …” La fissò e sorrise beffardo “Cosa vuoi, dopo tutti questi anni da un povero poliziotto in pensione?”
“Jeffrey, non fare lo stronzo! Hai rovinato la vita di quel poliziotto?” Silenzio. Jeffrey riprese a tirare con la mazza da golf. “Rispondi!”
“Sono in pensione e non ho nulla da dire.”
“Abbiamo rovinato la vita di quell’uomo? Jeffrey, devo saperlo …”
“Lascia il passato al passato, Sharon e vai avanti con la tua vita.” Silenzio.
“Non finisce qui, Jeffrey e lo sai benissimo.” Sharon si voltò e se ne andò, non avrebbe ricavato nulla da Jeffrey. Andò in ufficio e cominciò a fare delle ricerche. Cercò i suoi vecchi appunti, relativi al processo di Temple e riesaminò il fascicolo che gli aveva dato Andy. Più riguardava le prove, i verbali e tutto il resto, più capiva che era stata manipolata e aveva distrutto la vita di un uomo, di un poliziotto onesto. Doveva trovare altre prove, che dimostravano che era stato orchestrato ad arte per incastrare Temple. Aveva una brutta sensazione, stava realizzando che aveva commesso un grosso errore, che era costato anni di prigione ad un uomo innocente.
Andò nell’archivio delle prove, si fece dare copia del registro delle entrate delle persone in archivio in quel periodo e cercò qualche anomalia, perché mancavano degli scatoloni con le prove. Nel frattempo, aveva chiesto al suo sergente, di scoprire tutto quello che riusciva a trovare su Jeffrey Rupnik, poliziotto in pensione. Adesso non avrebbe mollato la presa, doveva scoprire la verità.
/
Jeffrey Rupnik aveva terminato il suo allenamento al Westchester Golf, doveva avvisare i suoi amici che qualcuno avrebbe indagato e avrebbe scoperto, quello che per anni era riuscito a tenere nascosto. Tornò a casa, sapeva che Sharon non avrebbe mai mollato la presa, la conosceva bene e sapeva che era testarda, molto testarda.
Fece qualche telefonata, ma le risposte dei suoi amici non calmarono l’ansia, che cresceva ogni minuto di più. Si era fidato e aveva rischiato, ma adesso che Sharon si era presentata, sapeva che al Dipartimento di Polizia più di una persona si sarebbe fatta qualche domanda.
Alla Crimini Maggiori insieme al tenente Flynn, si era aggiunto anche il tenente Provenza e il detective Sanchez. Stavano spulciando tutti i fascicoli che riguardavano il caso May/Temple. Lo avevano già guardato, ma sapevano che qualcosa non quadrava. Intanto Tao aveva fatto una serie di controlli finanziari sull’ex capo de FID, Jeffrey Rupnik. Il tenore di vita di capo Rupnik si era alzato in maniera strana. Per un poliziotto in pensione, possedere una barca di venti metri e andare nel Golf club più esclusivo della città, destavano qualche sospetto. Tao aveva scoperto che mensilmente Rupnik riceveva una bella somma di denaro direttamente sul conto corrente. Era una rendita, ma non si trovava in banca alcun legame che potesse giustificare tale entrata. Altri tipi di finanziamenti non avevano dato alcun riscontro, di punto in bianco il capo Rupnik riceveva importi decisamente alti sul suo conto personale. Decisero di convocarlo in Centrale, come persona interessata alle indagini. Non avevano nulla contro di lui, ma volevano fare due chiacchiere, per capire come fossero andate le cose.
Erano ormai passate due ore da quando il capo Rupnik avrebbe dovuto presentarsi in Centrale, Sharon non intendeva aspettare ancora. Avevano allertato aeroporti e il confine con il Messico. Temevano che potesse lasciar il paese. Sharon andò a casa di Rupnik, Flynn dovette insistere parecchio, perché il capitano Raydor non era interessata a farsi aiutare, anzi, sembrava volesse affrontare quella ennesima prova da sola. L’accompagnò, nonostante i suoi reclami e andarono a casa di Rupnik. Aveva divorziato da sua moglie e ora viveva in una villetta sulle colline di Hollywood. Quando arrivarono davanti alla villetta, non c’era in giro nessuno. C’era un silenzio, quasi irreale. Suonarono il campanello, non rispose nessuno. Rimasero qualche secondo in attesa, poi Sharon ruppe un vetro e aprì la porta, con enorme sorpresa da parte di Flynn, che stava appunto proponendo di entrare, anche senza un mandato.
In casa c’era silenzio, tirarono fuori le armi, per sicurezza. Girarono per le diverse stanze, sembrava che non ci fosse nessuno. Sharon si ricordò dello studio di Jeffrey, si trovava in fondo alla casa, nella depandance, dopo la piscina. Uscirono nel patio, superarono la piscina ed entrarono nella depandance, la cui porta era appena socchiusa.
“Sapevo che ti avrei visto prima di morire.”
Sharon ed Andy entrando videro il capo Rupnik seduto al tavolo con in mano una pistola.
“Jeffrey … aspetta …”
“Sei troppo intelligente, lo sapevo … che avresti capito. Mi dispiace.”
“Jeffrey …. NOOOO!”
BOOM!
Sharon non fece in tempo a terminare la frase, il capo Rupnik si era sparato un colpo di pistola alla tempia. Flynn chiamò subito la Crimini Maggiori, capì che avevano chiuso il caso. Sulla scrivania un biglietto scritto a mano: Mi dispiace.
Sharon rimase a guardarlo, aveva il cuore che batteva a mille. Non voleva finisse in quel modo.
“Stai bene?” Le chiese Andy, dopo aver chiamato la squadra, sapeva che aveva un buon rapporto con il suo ex capo e vederlo morire in quel modo, non era stato un bello spettacolo.
Sharon annuì e sospirò, non sapeva se essere soddisfatta oppure no. Aveva in mente tante domande a cui voleva dare delle risposte e sapeva che in quel modo, Rupnik le aveva portate con sé nella tomba. No, non era soddisfatta di come erano andate le cose.
/
“Vorrei chiederti un favore.”
“Ti ascolto.”
“Potresti accompagnarmi da Temple. Vorrei chiedergli scusa di persona. Però preferirei che ci fossi anche tu. In fondo è solo merito tuo, se le cose sono andate bene. Non ti ho ringraziato per avermi salvato la vita.”
“Sharon non mi devi nulla. Se vuoi andare da Temple, ti accompagno, però tu hai fatto la tua parte, lascia che il resto vada avanti da sé.”
“Voglio che quell’uomo sappia che mi dispiace di aver contribuito a rovinargli la vita, non l’ho fatto apposta. Vorrei che … non lo so nemmeno io.”
“Senti, perché non ti prendi ancora un poco di tempo.”
“Voglio chiudere questa storia Andy, voglio lasciarmi alle spalle tutta questa maledetta storia. Io facevo solo il mio lavoro, non volevo far del male a nessuno!”
/
Sharon era nervosa, non aveva detto una solo parola per tutto il tragitto. Andy la stava accompagnando a casa di Gary Temple. Quando bussarono, Gary aprì la porta: era sorpreso. Li fece entrare, erano in silenzio, quasi in imbarazzo. L’abitazione che aveva dato a Gary era molto semplice, ma dignitosa. Era tutto pulito e in ordine. Chiese il motivo della loro visita e attese, guardando il capitano Raydor.
Sharon era nervosa, continuava a stropicciarsi le mani, aveva un certo timore di quell’uomo, non si era allontanata da Andy, era sempre vicina a lui.
“Vorrei scusarmi. So che queste scuse non possono riparare il danno e il dolore che ha patito, ma spero le possa accettare.” Sharon aveva alzato il viso, fissava negli occhi quell’uomo che la guardava incredulo.
Gary scosse la testa, sorrise. “Nessuno rancore.” Porse la mano al capitano Raydor e lei la strinse, era soddisfatta. In macchina Sharon era più tranquilla, adesso poteva dirsi appagata, aveva chiuso il cerchio. Adesso desiderava lasciarsi alle spalle quella sensazione di essere un bersaglio mobile, voleva andare avanti con la propria vita.
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Continua …
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