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Cap. 6
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Erano passate tre settimane e il caso non aveva fatto dei passi in avanti, Sharon si sentiva come chiusa in gabbia, non riusciva più a contenere frustrazione e senso di impotenza. La notte non riusciva più a riposare in modo sereno, era sempre agitata. Mangiava poco ed era di pessimo umore. Non era più padrona della sua vita, doveva dipendere da qualcuno, doveva chiedere se poteva andare da qualche parte. Tutta la tensione e lo stress divennero nervoso, tensione. Non riusciva più a sopportare nessuno, neanche il tenente Flynn, che era diventata la sua ombra.
Era uscita di casa solo un paio di volte per andare al Dipartimento di Polizia e rimanere sotto torchio dal capo Johnson. Le ultime tre settimane le aveva trascorse insieme al tenente Flynn, chiusa in casa, non era uscita per nulla. Flynn era sempre presente, non la lasciava mai, solo una volta era andato ai suoi incontri AA e al suo posto era rimasta con Provenza, che più che fare domande non aveva fatto. Era arrivata al limite, non ne poteva più di stare chiusa in casa, sapeva di essere in pericolo, ma stava rischiando la sua salute mentale.
“Ho bisogno di uscire, non posso stare più chiusa qui dentro!” Sbottò Sharon, non riusciva più a contenere la frustrazione e la rabbia. Flynn la guardò, la voce era nervosa, le mani le tremavano ed era agitata. Avevano già avuto quella conversazione e Flynn era stato categorico, non poteva uscire, perchè era pericoloso. Sharon insistette, voleva uscire per prendere una boccata d’aria, stava per scoppiare. Flynn sentiva la tensione che avvolgeva il capitano e sapeva che non poteva tenerla chiusa in casa fino alla scoperta dei mandanti dell’aggressione.
“Usciamo!” Gridò Sharon.
“Dobbiamo avvisare Provenza e il capo Johnson. Ci sono delle procedure …”
“Usciamo tenente, non resisto più! Vuoi farmi diventare pazza?! Bè ci stai riuscendo! Voglio uscire, voglio uscire di qui!” Gridò esasperata, si avvicinò alla porta, ma Flynn era già davanti a bloccare l’uscita, con la sua presenza.
“Ho detto di no.” Era categorico e deciso. “E’ troppo pericoloso, lo sai.”
“Spostati tenente. E’ un ordine!”
“Non ci provare con me. Ho detto che non esci.” Flynn rimase immobile davanti al capitano Raydor, rossa di rabbia e frustrazione.
“Spostati, maledizione! E’ un ordine!” Gridò fuori controllo. Cominciò a picchiare sul petto di Flynn, sperando che si spostasse, ma più lei picchiava, più lui si avvicinava e tentava di bloccarle i pugni. La prese per i polsi e la strinse a sé, bloccandola e cercando di calmarla, stava avendo una crisi di panico. Le sussurrò parole di conforto all’orecchio, cercando di farla stare tranquilla, finchè le grida di Sharon divennero un gemito, pianse in silenzio, Flynn l’avvolse tra le braccia. Capiva la frustrazione, le avevano persino vietato di chiamare i suoi figli e questa era stata la goccia, che aveva fatto traboccare un vaso di frustrazione, impotenza, delusione e profonda tristezza.
Sembrava non le importasse di essere in pericolo per la sua vita, se questa poteva essere considerata vita. Flynn l’accompagnò sul divano e la fece sedere, si sedette accanto, abbracciandola e cercando di consolarla. Era frustrante, ma non c’erano alternative.
“Per favore, portami fuori, solo per cinque minuti, beviamo un caffè e rientriamo. Ti prego.” Era una preghiera, quasi una supplica. Non sapeva più cosa fare, nei suoi occhi bagnati dalle lacrime c’era solo dolore. “Ti prego …”
Flynn la capiva, in quei giorni insieme, aveva imparato a conoscerla. Era sorpreso, perché il capitano Raydor era una persona diversa, fuori dal lavoro. Era gentile, educata, ordinata e collaborativa. Le andava bene quasi tutto, riusciva ad adattarsi, meglio di quanto pensasse.
Flynn aveva paura, perché sapeva che si stava creando un legame tra di loro. Avevano parlato di cucina, viaggi, musica, sport. Avevano parecchie cose in comune e questo lo spaventava. Spesso la punzecchiava, cercava di mettere un limite, una barriera tra loro. Aveva paura di affezionarsi, di legarsi a quella donna che apprezzava ogni giorno di più. All’inizio guardare le sue gambe era anche un po’ prenderla in giro, farla arrabbiare. Ma con il passare dei giorni, quelle gambe l’avevano stregato, quei folti capelli rossi lo facevano impazzire e vederla passare in accappatoio lo lasciava senza fiato. Quando un paio di sere, avevano bevuto il thè sul divano, Sharon indossava i suoi pantaloncini e una sua maglietta della polizia, Andy aveva fantasticato su tutto quello che c’era sotto, si era quasi scottato, tanto si era imbambolato. Aveva tentato di avvisare Provenza che la convivenza con il capitano Raydor, non avrebbe portato a nulla di buono, ma Provenza non aveva voluto sentire ragioni. Qualcosa era cambiato, ma Flynn non voleva ammetterlo. Più volte stava per pronunciare il suo nome, stava per scusarsi. Ma poi si fermava, si riprendeva, doveva comportarsi da stronzo, trattarla bene voleva dire cadere ai suoi piedi, ammettere di provare qualcosa che lo spaventava a morte. Flynn era turbato, confuso. La presenza del capitano Raydor in casa sua, lo aveva destabilizzato. Quando lei non c’era, la cercava e quando era insieme a lei, voleva scappare via. Era in un bel guaio, questa era l’unica cosa chiara, un guaio con due gambe mozzafiato e un seno che si intravedeva in quella maglietta stretta, che le aveva dato quasi per gioco.
Flynn continuava ad accarezzarle il capo, sperava così di calmarla, sapeva che era sotto pressione e ne comprendeva la frustrazione. Quando era andato all’incontro AA, ne aveva sentito il bisogno come dell’aria. Staccare da quell’ambiente, da quella situazione, lo aveva tranquillizzato, si era sentito meglio. Capiva lo stress di Sharon, sapeva benissimo cosa stava provando, perché anche lui era stressato da tutta quella situazione. Continuò ad accarezzarle i capelli, Sharon era triste e Flynn voleva fare qualcosa per aiutarla. Sospirò, sapeva che si sarebbe infilato in una serie di guai.
“Raydor …” Flynn scosse la testa “Lo so, sarai solo fonte di guai! Accidenti, va bene!”
Sharon alzò il viso e sorrise, le lacrime segnavano le guance così belle e delicate. Flynn la fissò negli occhi “Andiamo nel bar qui dietro l’angolo e prendiamo un caffè. Ok?”
“Grazie tenente.”
“Aspetta a ringraziarmi.” Flynn asciugò le lacrime con le dita, con inaspettata tenerezza “Indossi il giubbetto antiproiettile e non ti stacchi da me neanche un secondo. Va bene?” La fissò negli occhi e scoprì quanto fossero belli e luminosi.
L’idea di indossare un giubbetto antiproiettile non l’entusiasmava, ma non era il caso di fare la difficile “Va bene!” Era felice.
Flynn l’aiutò ad indossare il giubbetto e sopra indossò un giubbotto di pelle. Si sentiva un poco ingombrante, ma era felice di poter uscire. Il bar era ad un isolato, ma ci avrebbero messo solo qualche minuto. Flynn la guardò, era felice, mentre lui cominciava a pensare di aver fatto una cretinata, sperava che tutto andasse bene, in fondo, si disse, erano solo due minuti di strada.
Prese la seconda pistola e la mise alla caviglia e ne diede una a Sharon. Dovevano essere prudenti e previdenti. Indossò il giubbotto antiproiettile e il giubbotto in pelle ed erano pronti per uscire. Flynn andò davanti, aveva Sharon dietro a lui, l’aveva presa per mano, una stretta forte e sicura. La guardò “Stiamo sempre insieme, ok?” Sharon annuì, era disposta a tutto pur di fare due passi e bere un caffè.
Uscirono e si recarono verso il bar, Flynn camminava a passo veloce, guardandosi in giro, era teso e agitato. Sharon camminava al passo vicino a Flynn, dopo un paio di minuti arrivarono al bar, entrarono e presero posto ad un tavolino. Dopo qualche secondo arrivò la cameriera, che prese l’ordinazione. Sharon sorrise, era contenta e si voleva godere questo momento di libertà. La cameriera portò i due caffè, Flynn continuava a guardarsi intorno, era nervoso e agitato, guardava con sospetto tutti gli avventori che entravano nel bar. Sharon gli toccò la mano e sorrise, Flynn fece un sorriso forzato, era contento per Sharon. Sorseggiarono le loro bevande, guardarono fuori dalla vetrina del bar, si vedevano le macchine che andavano e venivano.
“Grazie tenente, non sai cosa vuol dire per me. Mi sto rilassando, godendomi il caffè.”
“Bene, ne sono contento.” Era sincero, era davvero felice per Sharon.
“Finalmente un posto diverso, gente diversa …ah … non mi sembra vero!” Sharon era entusiasta. Flynn sorrise, cercò di rilassarsi, in fondo erano dietro l’angolo. Forse si stava preoccupando troppo, pensò, stava cercando di godersi il momento. I clienti erano tranquilli e sembrava una normale giornata a L.A. Ecco, era un momento di felicità: veder sorridere Sharon lo rendeva felice, non sapeva il perché, eppure era così. Non aveva perso un solo movimento, aveva sorseggiato il suo caffè sorridendo. Gli occhi mostravano, come la semplicità di quel momento, potevano rendere felice una persona. Era bellissima, le labbra carnose si appoggiavano al bicchiere, strizzava gli occhi e sorrideva. Era rilassata.
Sharon non credeva ancora di essere in un diner a sorseggiare un caffè come una persona qualsiasi. Aveva perso il contatto con le cose semplici e adesso si stava gustando il momento. Flynn l’aveva sorpresa, non l’avrebbe mai detto che la portasse fuori da quella casa. Le ultime conversazioni che avevano avuto era terminate tutte con un “no”, “non si può”, “è pericoloso”, “non possiamo”.
Sembrava che le difese di Flynn fossero cadute, come le mura di Gerico. Anche il suo viso, sembrava più rilassato. Gli ultimi giorni erano stati difficili per entrambi, avevano solo discusso, al limite del litigio e Sharon aveva sembra voluto fare un passo indietro. Faceva fatica a capire il tenente Flynn, a volte sembrava gentile, oltremisura, mentre altre volte la trattava con sufficienza. Poi cercava un contatto e subito dopo, si scostava come se lei fosse un’appestata. Aveva notato che spesso, Flynn la fissava. Non fissava più le gambe, ora la squadrava da capo a piedi e rimaneva imbambolato, come un idiota! Era poco piacevole sentirsi sotto osservazione. Altre volte, invece, era di una gentilezza inspiegabile. Sharon capiva che erano in una situazione difficile, per entrambi e sapeva bene, che Flynn l’aveva ospitata a casa sua, solo perché gli era stato ordinato.
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Continua …
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