CI CREDI
Cap.8
139Please respect copyright.PENANA9uzgDUHuGM
“Buongiorno Sharon, vieni accomodati.” Sharon entrò nello studio del dott. Mc Coy. Era il medico di famiglia, si conoscevano da una vita. Un uomo dai modi gentili, i capelli erano ormai imbiancati dagli anni. Conosceva tutta la storia di Sharon, l’aveva vista crescere e sapeva che il matrimonio con Jack non era stato felice. La nascita dei figli era stata una parentesi di gioia, in un matrimonio infelice, che Jack non voleva e non sentiva come la sua famiglia. Il dott. Mc Coy aveva aiutato Sharon quando Jack se ne era andato e aveva dovuto affrontare la sua famiglia, accettare il fallimento del matrimonio e andare avanti da sola, con i figli. Anche se i soldi non erano un problema, aveva affrontato da sola scelte difficili.
Il dottor Mc Coy era affezionato a Sharon e voleva vederla felice. Le sorrise “Sharon, ho i risultati degli esami dal sangue che hai fatto l’altro giorno, vorrei parlarne con te.”
“Mi dica la verità.” Era ansiosa.
“Credo che tu sappia già di cosa si tratta, vero?” Silenzio. Sharon lo fissò e sospirò, non era questo tipo di conferma in cui sperava.
“Volevo avere una conferma, dottore. I test di gravidanza che ho fatto a casa sono risultati entrambi positivi e dagli indizi che ho, mi portano a dedurre che sono incinta, anche se ho 48 anni.”
“Sempre obiettiva e lineare nei ragionamenti. Comunque ti confermo che sei incinta, nonostante i tuoi anni.”
“Dottore, pensavo che con l’età non potessi più …” La voce tradiva un lieve tremore, Sharon cominciava ad avere paura.
“Direi che siamo davanti ad un evento raro, ma non impossibile. Può capitare e a te è capitato. Spero sia una buona notizia, ma vedendo i tuoi occhi e la tua espressione, credo che non sia desiderata, questa gravidanza.”
“Non sono più una ragazzina, pensavo di aver chiuso con pannolini e notti insonni. Oltretutto la mia attuale situazione sentimentale non è stabile, insomma, … ecco …”
“Non mi devi alcuna giustificazione Sharon. Sono qui per aiutarti e per accompagnarti in questo cammino, che ti voglio dire subito, non sarà semplice. Le gravidanze a questa età sono difficili e complicate, sia per la mamma che per il bambino. Non devi neanche escludere che ci possano essere delle complicazioni durante il parto.”
“Se voleva spaventarmi dottore, c’è riuscito benissimo. Credevo di poter affrontare questa gravidanza senza troppi timori, invece, da quello che mi sta dicendo … io non immaginavo …” Sharon si fermò un momento, mise la mano davanti alla bocca, non voleva piangere, gli occhi erano lucidi. Cercò di calmarsi e di riprendere il controllo.
“Inoltre Sharon, come dottore devo avvisarti che se stai pensando ad un aborto, i tempi sono molto stretti e devi prendere una decisione subito.”
“Non c’è alcuna decisione da prendere. Non si parla neanche di un aborto. Questo bambino verrà al mondo e me ne prenderò cura, come ho fatto con i miei figli.” Sul discorso dell’aborto aveva le idee molto chiare.
“Questo ti fa onore. Molte donne nelle tue condizioni, avrebbero optato per un aborto. Hai avvisato il padre del bambino?”
“Per ora no e non credo di farlo.”
“Sharon, sarebbe meglio se tu non affrontassi da sola questa gravidanza e …”
“Posso farcela benissimo dottore, come sempre ho fatto. Adesso devo tornare al lavoro, la richiamerò per sapere quali esami di controllo dovrò fare e con quali scadenze. Se mi vuole scusare.” Prese la borsa, il trench e scappò via. Le mancava l’aria, aveva la testa pesante, piena di ragionamenti e il cuore colmo di sentimenti contrastanti, avrebbe voluto piangere e gridare. Invece accese la macchina e andò al lavoro come se nulla fosse, arrivata nel suo ufficio, si chiuse dentro e riprese il lavoro. La mente era impegnata a trovare la talpa e l’avrebbe trovata, avrebbe portato a termine il compito.
Dopo alcune ore, il sergente Eliot bussò alla porta, il turno era terminato e sarebbe andato a casa. La salutò e andò via. Guardò l’ora, sospirò e alzò lo sguardo: Andy era appoggiato alla porta e la stava guardando con due occhi che sembrava le scoprissero l’anima. Si sentì nuda davanti a quello sguardo, a quegli occhi, a quel mezzo sorriso, che la stava travolgendo. Era elegante come sempre, nel completo blu. Tra la sua camicia bianca spiccava la cravatta blu a quadretti e si intravedevano le bretelle, sempre blu, quadrettate. Affascinante come sempre!
“Stasera posso accompagnarti a casa? Ho l’impressione che tu mi voglia evitare.”
“Non ti sto evitando Andy.”
“Vuoi scaricarmi? Ho fatto qualcosa di male? Ho detto qualcosa che non dovevo?”
“No Andy. Tu non hai fatto niente, sono io che non vado bene.”
“Stai male? Hai un’aria stanca e sei pallida tesoro, troppo pallida.” Entrò nell’ufficio e rimase in piedi di fronte a lei.
“Non sto bene … ma non è niente.” Disse con noncuranza, sperando che Andy non facesse troppe domande.
“Ti riporto a casa.”
“Ok, va bene.”
“Hai mangiato oggi?” Era preoccupato, conosceva già la risposta.
“No, non ho mangiato. Sono un po’ stanca. Il lavoro è stato molto pressante in questo ultimo periodo.”
“Qualcosa ti preoccupa Sharon, ne vuoi parlare con me?"
“Ho mal di schiena e sono tutta contratta qui, alla cervicale, vorrei andare a casa a riposarmi.” Disse cercando di nascondere il nervosismo, voleva parlare di tutti i suoi dubbi, le paure, l’angoscia che l’attanagliava. Voleva parlare del lavoro e della gravidanza, voleva disperatamente parlare con Andy, ma aveva paura e così rimase in silenzio.
“Ti accompagno a casa.” Sharon si fece accompagnare, sapeva che Andy sospettava qualcosa, ma non si sentiva pronta ad affrontare il discorso, voleva trovare il momento e le parole giuste. Andy l'accompagnò davanti alla porta di casa, le diede un bacio e la lasciò entrare da sola a casa, sentiva che c’era qualcosa che non andava, ma doveva darle tempo perché si aprisse con lui. Sharon era una donna che aveva sempre fatto tutto da sola e condivideva con difficoltà i suoi sentimenti, i timori e le paure. Suo padre le aveva insegnato ad essere forte e a cavarsela da sola e il matrimonio di Jack era stata la miglior scuola. Andy sapeva che se avesse insistito, Sharon si sarebbe barricata dietro un muro impenetrabile e lo avrebbe escluso dalla sua vita. Doveva avere pazienza, anche se soffriva molto a vederla così triste. Sconsolato tornò a casa, convinto di trascorrere la serata da solo. Quando arrivò davanti a casa sua, fu sorpreso di vedere tre uomini davanti al vialetto.
“Andrew Flynn?”
“Chi lo vuole sapere?” Quegli uomini non gli piacevano.
“Vieni con noi amico, il procuratore vuole parlarti.”
“Bè, non ho nulla da dirgli.”
“Il procuratore non chiede, forza muoviti!” Due uomini presero di peso Andy e lo buttarono dentro la macchina, che li stava aspettando davanti al marciapiede. Andy decise di non opporre resistenza, sapeva che sarebbero stati solo guai. Lo portarono a casa del procuratore O’Dwyer e lo accompagnarono nello studio. L’uomo lo stava aspettando seduto davanti al caminetto, con un bicchiere di brandy in mano.
“Tenente Flynn.”
“Procuratore generale O’Dwyer. Cosa vuole da me?”
“Sa benissimo cosa voglio. Lasci mia figlia, sarà meglio per tutti.”
“Perché non chiede a sua figlia cosa vuole.”
“Sei la distrazione, la voglia di un momento, la trasgressione per irritarmi. Sharon spesso mi provoca in questo modo, le piace indispettirmi per farmi sapere che vuol essere la padrona della sua vita. Ma so, cosa è giusto per mia figlia.”
“Sharon è grande abbastanza per decidere, se stare con me oppure no.”
“Lasciala Andy, credimi. E’ la cosa migliore che puoi fare.” Lo fissò negli occhi, lo sguardo era duro.
“E’ una minaccia?” Chiese Andy a denti serrati.
Il procuratore sorrise, avvicinandosi “Non ho bisogno di minacciarti Andy, sei una persona intelligente.” Poi si rivolse al suo collaboratore “Jason, accompagna il nostro ospite a casa e accertati che arrivi sano e salvo.”
“Certo Procuratore. Da questa parte prego.” Jason indicò la porta. Andy si avviò verso l’uscita, lo stavano aspettando i tre uomini che lo aveva portato lì. Lo accompagnarono a casa e quando arrivarono, lo fecero scendere.
“Ha capito il messaggio del procuratore?” Jason aprì la portiera dietro il guidatore.
“Jason, hai fatto il tuo lavoro, puoi tornare a leccare il culo del tuo padrone.” Disse Andy con disprezzo. Non terminò la frase che Jason gli assestò un calcio in mezzo alle palle. Andy emise un gemito di dolore e si accasciò in due, in ginocchio, a terra. Non si aspettava un colpo basso, era stato colto di sorpresa.
“Prendete questo stronzo e portatelo nel vialetto, così sarà arrivato a casa sano e salvo!” I tre uomini presero di peso Andy e lo buttarono nel vialetto. Salirono in macchina e se ne andarono.
Il dolore era talmente acuto che Andy era rimasto in apnea, il fiato non riusciva ad uscire da quanto dolore provava. Due lacrime scesero dagli occhi, riprese fiato e cominciò a gemere di dolore. Si stava riprendendo, a fatica, le mani entrambe sul suo piacere cercavano di proteggerlo dal dolore, che ormai si stava allentando. Rimase a terra per un bel po’, poi pian piano si rialzò a fatica e si trascinò in casa. Aprì la porta e si andò in cucina dove prese del ghiaccio da mettere sulla parte dolorante, si sedette sul divano e cercò di riprendere fiato.
139Please respect copyright.PENANA4QDgr5ipfZ
139Please respect copyright.PENANA9YKDK4MH5y
Continua …
ns 15.158.61.8da2